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Questo articolo è stato pubblicato il 09 marzo 2013 alle ore 11:39.

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Anche se mi persi quel periodo a New York, l'ho sempre immaginato come l'ultimo scampolo bohémien. Nel 1993, Elizabeth Peyton espose i suoi quadri in una stanza del Chelsea Hotel. Jason Rhoades inaugurò una personale delirante da David Zwirner. Ho sempre pensato che per alcuni fortunati quel periodo debba essere stato come una fotografia di Wolfgang Tillmans; lo stesso Tillmans che nel 1993 fece la sua prima personale alla Galerie Daniel Bucholz di Colonia. Parlando di bohème, Martin Kippenberger aprì la sua Candidature à une rétrospective al Centre Pompidou nel 1993 e, quello stesso anno, inaugurò la prima stazione della sua rete metropolitana globale a Syros, in Grecia.

Altrove, i Nirvana pubblicarono In Utero. River Phoenix morì. Beavis e Butt-head fecero la loro prima apparizione televisiva. Kate Moss posò per Calvin Klein – sdoganando lo stile heroin-chic. Moda, arte e celebrità iniziarono a flirtare; ricordo di aver visto i primi lavori di Karen Kilimnik e Sylvie Fleury. Nel frattempo, a pochi chilometri da Venezia, nel cuore dell'Europa, la guerra infuriava in Bosnia ed Erzegovina, e l'espressione "pulizia etnica" diventava parte del linguaggio quotidiano.

Fu un periodo di corpi, o almeno io me lo ricordo così. Erano anni che Matthew Barney si arrampicava sui muri delle gallerie, ma molta gente in Europa lo notò solo tra la fine del 1992 e il 1993, soprattutto nella collettiva Post Human, che dopo la vernice di Losanna aveva viaggiato in direzione di Torino, Amburgo e Atene. Ma anche perché aveva ricevuto alla Biennale di Venezia il premio come miglior artista emergente. Mike Kelley mise insieme uno straordinario armadio delle meraviglie nella città olandese di Arnhem per Sonsbeek '93. The Uncanny – questo il titolo della mostra nella mostra di Kelley – era un compendio di corpi di cera, manichini, mostri e mutanti. Una delle rappresentazioni più ingegnose mai concepite dell'ossessione umana per la figura. Sempre a Sonsbeek, Alighiero Boetti immortalò se stesso in un toccante autoritratto che rappresenta amaramente la confusione dell'essere artista; in questa scultura di bronzo, la sua testa ribolle sotto il getto d'acqua di una fontana. Boetti morì l'anno seguente.
Il 1993 fu una grande annata per Kelley. Al Whitney, inaugurò la sua indagine della maturità, Catholic Tastes. A Vienna, lui e Paul McCarthy misero in mostra la loro installazione collaborativa Heidi. E quindi, di nuovo al Whitney, la collettiva Abject Art introdusse un nuovo termine critico nel gergo dell'arte contemporanea. Un termine che avrebbe resistito per anni. Andres Serrano espose i suoi scatti obituari da Paula Cooper; Jeff Koons pubblicò il suo libretto rosso; Cady Noland si conquistò la copertina di Flash Art. Settantasei persone morirono nell'assedio di Waco.

Un periodo di corpi e di politiche identitarie. Angels in America di Tony Kushner vinse il premio Pulitzer. Il London Ica lanciò Bad Girls. Il femminismo acquistò il prefisso «post». La Biennale del Whitney aprì a New York, e tra i suoi pezzi più memorabili c'era il biglietto d'ingresso di Daniel J. Martinez che recitava: «Non potrei mai immaginare di voler essere bianco». I visitatori dovevano presentarne uno per entrare alla mostra, che quell'anno – tra i video e i programmi di controinformazione del network Deep Dish Tv, del Gulf Crisis Tv Project e di Not Channel Zero – mostrò il famoso video del pestaggio di Rodney King. Nel catalogo, Thelma Golden si chiedeva: «Che cosa è bianco…?», mentre all'interno dell'esposizione Jimmie Durham, Andrea Fraser, Renée Green, Byron Kim, Pepón Osorio, Gary Simmons, Lorna Simpson, Pat Ward Williams, Fred Wilson e molti altri immaginarono «l'arte nell'epoca della traduzione multiculturale» (rubando il sottotitolo del saggio di Homi Bhabha incluso nel catalogo). Janine Antoni, Matthew Barney, Mike Kelley, Raymond Pettibon, Kiki Smith e Sue Williams continuarono a sfidare i limiti dei nostri corpi. Parcheggiato su Madison Avenue, di fronte al museo, c'era un gigantesco camion giocattolo dei pompieri di Charles Ray. Due giorni dopo l'apertura della Biennale, il 26 febbraio, un furgone esplose sotto il World Trade Center. Ma che quel 1993 fosse un anno di premonizioni l'avremmo scoperto solo nel decennio successivo.

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