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Questo articolo è stato pubblicato il 12 marzo 2013 alle ore 08:47.

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La strategia da terzo mondo degli hacker cinesi – «prevarremo con le ondate umane e la forza dei grandi numeri» – si combina con bravura in crescita costante. C'è un terzo elemento: la sponsorizzazione dei militari. La Cina ha riconosciuto l'importanza della cyber guerra già un decennio fa. Molte riviste militari cinesi citano uno stesso studio del think tank americano Rand Corporation che dice che «se la guerra strategica nell'era industriale era quella nucleare, ora nell'era dell'informazione la guerra strategica è quella su internet». Epoch Times, il più grande giornale in lingua cinese fuori dalla Cina, fondato per iniziativa di giornalisti cinesi in esilio, scrive che l'Esercito di liberazione del popolo sta includendo attivamente gli hacker nei piani di guerra. Fa l'esempio di Tan Dailin, un laureato dell'Università del Sichuan vincitore di una gara annuale per hacker nel 2005 e subito preso dai militari cinesi per un corso di perfezionamento. Nel dicembre di quell'anno Tan Dailin fu scoperto dentro i computer della Difesa americana. Zhan Zhaozhong, direttore dell'ufficio di Scienza militare all'Università della Difesa nazionale dice che «usare gli hacker al massimo delle loro capacità e combinare assieme forze legali e forze underground aumenterà in fretta il livello di sicurezza informatica della nazione»; dove per «sicurezza informatica» sarebbe bene intendere "capacità di fare del male agli avversari".

Il Governo di Pechino è indietro nella competizione con l'America sul piano militare, ma sente di poter colmare il dislivello anche sfruttando gli hacker e la debolezza intrinseca di internet. Subito dietro ci sono la Russia (o meglio: le milizie russe) e gruppi minori, che si sospetta siano finanziati dall'Iran e per esempio lo scorso agosto avrebbero attaccato Saudi Aramco, la più grande compagnia petrolifera saudita. Nel 2007 il Financial Times scrisse che l'esercito cinese era riuscito a entrare dentro il computer di Robert Gates, allora segretario alla Difesa. Sono passati sei anni e ora il nuovo presidente ha chiesto la possibilità di lanciare un attacco preventivo. Cyber attacco, cyber guerra. Forse, se si trovasse un'alternativa all'orrido prefissoide (sì, in grammatica si chiama così) "cyber", se ne parlerebbe di più.

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