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Questo articolo è stato pubblicato il 07 aprile 2013 alle ore 16:57.

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Il traffico internet a livello mondiale. Ogni linea rappresenta un percorso dati, e il colore il Paese: Usa (rosa), Regno Unito (blu scuro), Italia (azzurro), Svezia (verde) , sconosciuto (bianco) - Associazione per l'Analisi dei dati Internet, Università della California (TIPS)Il traffico internet a livello mondiale. Ogni linea rappresenta un percorso dati, e il colore il Paese: Usa (rosa), Regno Unito (blu scuro), Italia (azzurro), Svezia (verde) , sconosciuto (bianco) - Associazione per l'Analisi dei dati Internet, Università della California (TIPS)

Ma è Jaron Lanier, precursore della realtà virtuale, a far riemergere l'altra verità: i blog anonimi ci hanno ridotto a formichine liete di avere la faccina su Facebook, la battuta su Twitter. Una poltiglia di informazione amorfa rischia di spegnere idee, dibattito, critica. Lanier dice: «La creatività è stata uccisa e il web ha perso la dignità intellettuale. Se volete sapere qualcosa la chiedete a Google, che vi manda a Wikipedia, punto e basta. Altrimenti la gente finisce nella bolla dei siti arrabbiati, degli ultras, dove ascolta solo chi rafforza le sue idee».

Sono le due tesi, la verità sommersa e quella "ufficiale", il Buio e la Luce, che si sono rincorse anche sulle pagine del Sole 24 Ore, quando tre anni fa questo giornale ha ospitato un dibattito su internet come luogo di libertà e verità oppure come «oscuro» esaltatore di faziosità e violenza. Anche allora, attraverso gli interventi dello stesso Lanier, in linea con Andrea Romano, Miguel Gotor, Michele Ainis, John Tierney, emersero i rischi di una sorta di «sindrome della tribù», il pericolo cioè di credere solo a se stessi e ai propri fedeli e ridurre a nemici tutti gli altri.

Ma Riotta è ostinato. E non vuole darla vinta alla verità sommersa. La spinge ancora giù. Rivendica la straordinaria potenzialità dei Big Data, sui quali lui stesso lavora all'Imt di Lucca. Chiama, soprattutto, a testimoniare chi ha il peso e l'autorità morale per permettergli di vincere la sua battaglia. È con le parole del cardinale Martini, infatti, che si chiude l'inchiesta di Gianni Riotta: «Quando già il lato oscuro del web mi struggeva» – racconta l'autore – arriva una telefonata, c'è l'opportunità di intervistare in un video il cardinale. «Mi sembrò una sorta di presagio poter interrogare Martini, uomo saggio che aveva studiato la comunicazione con erudizione e amore, sul mio personale dolore di quel momento: il web può renderci liberi?». O contribuirà alle tenebre, rendendo peggiori?

Martini dice: «Uso spesso internet e wikipedia», «ne vedo il lato positivo», «si capisce che si può usare male», ma «mi pare che nel mondo i nuovi media siano molto preziosi perché mettono le persone anche molto isolate in comunicazione con un mondo più vasto». «Quindi – è il messaggio chiave del cardinale – credo che sia una benedizione di Dio, di cui si può usare male, ma le realtà che vanno diffuse sono molto importanti e molto belle».

Riotta conclude: «In parole molto semplici Martini chiariva il mio errore: scaricare sul web le mie paure, le mie incertezze, le mie ignavie. Anziché provare a correggerle e ripartire». Il tentativo, a giudicare dal libro, è ancora in corso. D'altro canto la lotta tra Buio e Luce non è mai vinta. Buona fortuna.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Gianni Riotta,
Il web ci rende liberi? Politica e vita quotidiana nel mondo digitale,
Einaudi, Torino,
pagg. 160, € 18,00

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