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Questo articolo è stato pubblicato il 06 maggio 2013 alle ore 16:53.

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Lampo
Un rock arrabbiato che si scaglia contro tutti quelli che confondono la possibilità di fare foto con cellulari, tablet, fotocamere & co. con l'obbligo di farle. Un problema che chiunque abbia un minimo di notorietà deve in qualche modo sentire suo: «Gradirei che tutte le mie facce rimanessero solo mie». Superba la chitarra di Cesareo, sia nel riff che nelle solistiche.

Luigi il pugilista
Pezzo ascrivibile alla galleria di ritratti improbabili della discografia degli Elii: «Luigi il pugilista» è un boxeur imbattibile perché, sin da bambino, porta gli occhiali. «Quattr'occhi e due stanghette». Nessuno può picchiarlo, mentre lui è libero di colpire e mettere al tappeto l'avversario. Una ballad dall'incedere epico rende ancora più comico l'effetto del testo. Il match decisivo, tuttavia, Luigi lo perde. Commette l'errore di innamorarsi della ragazza che regge il numero del round: «Tolsi l'occhiale per sembrare aitante/ e l'avversario me ne diede tante». Quella sera sul ring, in ogni caso, a vincere fu l'amore.

Una sera con gli amici
Ballata doo-wop, con la chitarra che indugia sull'immortale giro di do, per descrivere il triste fenomeno in base al quale, quando si esce con gli amici, si finisce inevitabilmente per parlare alle spalle di chi è assente. «Parliamo tutti/ dei suoi difetti/ e lui ci soffre/ ci resta male./ Narriamo fatti/ detti e stradetti./ È tutto vero/ ma a lui non gli va». Accattivante l'assolo di basso di Faso, curiosa la prova canora di Jantoman.

Amore amorissimo
Ricordate quando, ai tempi de «Il più grande spettacolo dopo il weekend», Fiorello interpretò il presunto inedito di Domenico Modugno «Amore amorissimo»? Era farina del sacco degli Elii e, ne «L'album biango», se ne riappropriano. Con scherzoso disappunto dello showman siciliano che introduce il brano minacciando la band di querela. Il pezzo è un capolavoro di mimetismo musicale: ci sono dentro le melodie, i giri armonici, le orchestrazioni (a firma di Demo Morselli), i vocalismi e persino i superlativi che furono del Mimmo nazionale. «Con chi hai fatto l'amore in mia assenza? Spero nessunissimo./ Quanto ho fatto l'amore in tua assenza?/ Ti giuro: pochissimo./ Nella notte che scende sui viali/ certe donne a me fin troppo ugualli…/ Ti assicuro però che ho pagato/ quell'amore carissimo».

Il tutor di Nerone
Titare in ballo Lucio Anneo Seneca, tutor dell'ultimo imperatore della dinastia giulio-claudia, per liquidare un «cagacazzo». Solo Elio poteva riuscirci, in questo tirato brano che sa di Glasgow Sound dedicato a tutti gli scocciatori che ti mandano mail e ti chiamano a cellulare da numero privato per proporti collaborazioni improbabili. Non ti resta che barricarti dietro al rituale: «Scusami ma devo metter giù:/ ci sentiamo in settimana». Ma attenzione: certi rompiscatole ti raggiungono sempre. Pure se ti rifugi in Mali o in Perù.

Reggia (base per altezza)/ Come gli Area
Dittico di canzoni per omaggiare una delle più grandi band italiane di sempre: gli Area, alfieri della gloriosa stagione del progressive. «Reggia (base per altezza)», il cui titolo è crittografia sinonimica sulla parola Area, è uno strumentale che spazia tra il prog e il free jazz. Lo suonano Ares Tavolazzi, Paolo Tofani e Patrizio Fariselli, ossia ciò che oggi resta del complesso di Demetrio Stratos. «Come gli Area» è un'altra prova sopraffina di mimetismo: «Allora, sai che faccio?/ Scrivo una canzone/ che assomiglia a una canzone degli Area». Le citazioni dal canzoniere dell'International Popular Group abbondano, alcune delle quali molto sottili. La morale? Furono probabilmente il gruppo più grande di sempre, ma suonarono per «tanti fricchettoni/ tanti comunisti/ troppa gente che non paga il biglietto». Di conseguenza: «Mancano i proventi».

A piazza San Giovanni/ Complesso del Primo Maggio
In una concept opera il finale è fondamentale: lo impone la legge del climax. «L'album biango», in un certo senso, è una concept opera (sulla musica e sul mestiere di musicista in Italia, nel Ventunesimo secolo) e non si sottrae alla legge. Si chiude con il già apprezzato «Complesso del Primo Maggio», introdotto dalla voce di Eugenio Finardi che interpreta l'esilarante «A piazza San Giovanni», scritta come se fosse una sua canzone tra «Chissà dove andiamo a finire» e «Chissà dove finiamo ad andare». Per il resto, se «La canzone mononota» rade al suolo l'Italia Sanremese, «Complesso del Primo maggio» mette una bomba sotto i luoghi comuni della nostra scena indipendente. Perché gli Elii sono un gruppo «di lotta e di governo». Nel senso che se la prendono sia con chi, musicalmente parlando, lotta che con chi sta al governo.

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