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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2013 alle ore 14:11.

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Ala al-Aswani è una persona perbene: non ha mai usato i suoi successi editoriali né politici per diventare più di uno scrittore dentista. «L'anno scorso non ero contrario ai fratelli, uno dei tre fondatori di Tamarrud aveva anche votato per loro». Rimane qualche istante a pensare, prima di rispondere alla provocazione sui feloul. «È un problema», ammette. «Ma questa seconda rivoluzione l'abbiamo fatta per tutti gli egiziani, non potevamo negarla ad alcuni di loro. Sono certo che fra i 22 milioni scesi in strada il 30 giugno ci fosse anche gente di Mubarak, la gente del sofà. Ma cosa potevamo fare?».
Per lui continua a contare il successo fino ad ora raggiunto. Quello della laicità dell'Egitto. «I Fratelli musulmani si erano inventati una realtà loro. L'Occidente è contro di noi, dicevano, sapendo che non era vero. Erano diventati come quegli occidentali secondo i quali Islam è sinonimo di terrorismo. Dicevano anche che noi laici egiziani siamo contro la religione islamica e che se fossimo andati al potere, l'avremmo vietata. Sapevano che l'Egitto è uno dei Paesi più religiosi del mondo. Ma se non hai nemici, te li devi inventare».
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