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Questo articolo è stato pubblicato il 08 settembre 2013 alle ore 08:38.

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Ciononostante giovanissimi, validissimi e coraggiosissimi fotografi italiani vincono a man bassa premi internazionali di prima grandezza, come Alessio Romenzi, che ha vinto l'ultima edizione del World Press Photo e ha ottenuto ben due copertine del «Time» con il suo stupefacente lavoro autoprodotto in Siria. E così si potrebbe dire di tanti altri, noti e meno noti, da Fabio Bucciarelli ad Alessandro Penso, da Simona Ghizzoni a Massimo Berruti e a Michele Palazzi, Rocco Rorandelli, Giorgio Di Noto, per non parlare dei più grandi e attivissimi, Ceraudo, Venturi, Majoli, Pellegrin. Ma è semplicemente impossibile fare tutti i nomi anche solo dei più bravi.
E allora, il motivo del paradosso? Le ipotesi sono molte, ma non si deve dimenticare che il web non è un semplice ambito comunicativo da valutare, analogamente ai media tradizionali, per i suoi flussi comunicativi mainstream. Il web genera relazioni, scambi, reti territoriali, e influenza un tessuto sociale che sta fermentando nell'ombra senza trovare per ora gli sbocchi che potrebbe. Allora il problema non è continuare a prelevare una qualità che esiste ed è nella società, il problema è metterla al centro della comunicazione pubblica, farla diffondere orizzontalmente senza ingabbiarla e depotenziarla, ma creando spazi che lascino esplicare il suo potenziale culturale ed economico.
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