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Questo articolo è stato pubblicato il 27 settembre 2013 alle ore 08:34.

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Vuoi essere pagato perché scrivi? Vendi tanti libri e poi ne riparliamo. In alternativa: non te ne frega niente di vendere libri, ma te ne frega di scrivere le cose che ti piace scrivere? Vuoi fare l'arte? E falla. Però cercati anche un lavoro, perché se non vendi non ti possiamo pagare. Esiste una terza via? Certo. È questa: tu scrivi cose talmente interessanti, importanti, significative, epocali, che noi comunità-Stato riteniamo che tu debba poter scrivere queste cose senza doverti preoccupare d'altro. Dunque, mettiti là tranquillo, ci tassiamo tutti un po' di più e alle tue necessità economiche ci pensiamo noi: ti diamo anche un faro con la credenza piena di caffè Hag. Chi valuterà la dignità della tua opera? La comunità scientifica, come si fa con tutto il resto dello scibile umano. Tu digli questa cosa, a uno scrittore che fa l'arte, e vedrai montare nei suoi occhi prima la paura e poi il disprezzo.

Infine lo sentirai sparare la più dicotomica delle fesserie: mica è scienza, la mia. È cultura. E certo, perché la scienza non è cultura. Digli così e ti tirerà fuori la storia del giudizio arbitrario e della soggettività: la comunità scientifica giudicherebbe in base a un'arbitraria soggettività. Vero? Non più di tanto: «La soggettività è oggettiva», diceva Woody Allen in Tutto ciò che avreste voluto sapere sul sesso (ma non avete mai osato chiedere) – che infatti è oggettivamente un capolavoro: me l'ha detto la comunità scientifica. E comunque un criterio ci vuole: persone competenti sulla scrittura giudicheranno se meriti di vivere di scrittura. Anzi, sai che facciamo? Le mettiano dietro a un tavolo e ci giriamo pure un talent, che te ne pare? Fatta quindi eccezione per lo scrittore che guadagna perché fa guadagnare e lo scrittore a cui per alti meriti si concedono borse, vitalizi e premi, non si capisce per quale altro motivo uno scrittore dovrebbe poter campare di scrittura. E non si capisce perché uno che canta per diletto possa partecipare a una specie di competizione canora e chi scrive per diletto invece no. L'unico motivo, forse, risiede nel fatto che in tv vedere uno che canta è meno noioso di vedere uno che scrive. Ma a differenza dell'ambiente letterario, in quello televisivo l'intrattenimento lo prendono molto sul serio, quindi si può essere abbastanza speranzosi che questo talent show di scrittori non sarà poi così piatto. Qualcosa di divertente salterà fuori. Forse, addirittura, uno scrittore che non è un autore. Ci pensi?

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