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Questo articolo è stato pubblicato il 02 novembre 2013 alle ore 14:56.
L'ultima modifica è del 02 novembre 2013 alle ore 15:01.

Roberto Citran entra in punta di piedi nella tragica vicenda dell'assassinio di Pippo Fava, il giornalista siciliano che fu freddato con cinque proiettili calibro 7,65 da Cosa Nostra. Il bravo attore lo fa con quello stile asciutto e nitido che ormai lo contraddistingue, con un filo di voce, con delicatezza, quasi scusandosi per l'intromissione nell'intimo legame figlio-padre. Citran parla più alla testa che alla pancia, non urla, non sferza, non trasforma in melodramma, non ce n'è alcun bisogno. Indossare i panni di Claudio, che "Nel nome del padre" narra dello strappo violento, induce al rispetto di quel dolore . La scena è fatta solo da un fondale bianco e una sedia. Un fondale che si trasforma in schermo e dà inizio alla proiezione in bianco e nero dell'ultima intervista di Pippo Fava rilasciata a Enzo Biagi il 28 dicembre 1983, una settimana prima di morire, in cui il giornalista siciliano afferma che "il problema mafia è molto più tragico" di quel che si vede e si pensa "la mafia è un'organizzazione che riesce a manovrare 100 mila miliardi all'anno" e gode dell'appoggio "politico e finanzario".
La mafia, spiegava Fava nell'intervista, ha mille aspetti nuovi, si è modernizzata e diffusa: "I mafiosi sono in ben altri luoghi e in ben altre assemblee. I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. Se non si chiarisce questo equivoco di fondo…, cioè non si può definire mafioso il piccolo delinquente che arriva e ti impone la taglia sulla tua piccola attività commerciale. Questa è roba da piccola criminalità che credo faccia parte ormai, abiti in tutte le città italiane, in tutte le città europee. Il problema della mafia – spiegava - è molto più tragico e più importante, è un problema di vertice della gestione della nazione ed è un problema che rischia di portare alla rovina, al decadimento culturale definitivo l'Italia". Per il suo assassinio sono stati condannati alcuni membri del clan mafioso dei Santapaola. Ma le indagini condotte all'inizio si addentrarono in tutt'altre direzioni fino all'ipotesi del delitto passionale.
Il dopo. Fu dopo quel giorno di gennaio che iniziò la storia racconta dal figlio Claudio, fatta di verità negate, stravolta, di indagini depistate, ricordi profanati. Per anni, testimonia Claudio nel libro, si è tentato di seppellire la verità, depistando, corrompendo giudici, stravolgendo la realtà dei fatti. Una storia tragica che parla anche "di come un figlio non si sia voluto mai rassegnare, non abbia mai rinunciato a cercare la verità e come questa ricerca abbia rappresentato per lui un atto di ribellione, ricostruendo pezzo per pezzo ciò che è accaduto, e insieme anche la propria vita". La ribellione all'oblio.
dal 29 ottobre al 3 novembre 2013
al Teatro della Cooperativa, via Hermada 8, Milano – tel. 02.64749997
di Claudio Fava, con Roberto Citran, regia Ninni Bruschetta
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