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Questo articolo è stato pubblicato il 21 dicembre 2013 alle ore 11:57.
L'ultima modifica è del 21 dicembre 2013 alle ore 12:02.

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Lucio Giunio Moderato Columella, scrittore romano di agricoltura, così definiva il Nebbiolo, nel I secolo d.C., nel suo trattato "De re rustica": grappoli di uva nera che danno vino da località fredde >>.
Il Nebbiolo è un vitigno di grande pregio, che produce uva a bacca scura, particolarmente adatto per vini da invecchiamento di altissima qualità.

Il nome sembra derivare da "nebbia": due sono le principali teorie in merito.
La prima richiama l'aspetto dell'acino, scuro ma appannato, annebbiato dalla pruina.
La seconda si riferisce alla maturazione molto tardiva delle uve, che fa sì che molto spesso la vendemmia sia in concomitanza con il periodo delle nebbie autunnali.
Ho già avuto modo di scriverne nei mesi scorsi, parlando delle Langhe e della Valtellina, le due zone in cui forse raggiunge in Italia i massimi risultati.
L'Alto Piemonte è l'altra zona in cui è molto diffuso: parlo del Canavese, del Biellese, dell'Alto Vercellese e del Novarese.
Oggi voglio presentare proprio 2 cantine dell'Alto Piemonte, Mirù ed Anzivino, site nei comuni di Ghemme e Gattinara, paesi che si guardano, a pochi km di distanza, simili ma profondamente diversi uno dall'altro.
Simili perchè in entrambi la viticolturà è attività primaria, perchè tutti e due danno il nome ad una DOCG, perchè in ognuno di essi il Nebbiolo è il vitigno principe.
Diversi perchè appartengono a diverse province, Novara per Ghemme e Vercelli per Gattinara, perchè profondamente diversi i suoli, prevalentemente morenici per Ghemme, di origine vulcanica per Gattinara, e differenti quindi per tipologia di vini: più sottile, quasi "borgognone" il Ghemme, più austero e deciso il Gattinara.

Azienda Agricola Mirù – Ghemme (NO)
Titolare dell'azienda è oggi Marco Arlunno, il membro più giovane di una famiglia che ben rappresenta il legame indissolubile esistente tra i vigneti e la piemontesità di tante famiglie di questa regione, che ha saputo diventare simbolo e motore dell'enologia italiana.
Il nome Mirù risale al '500 e fa riferimento ad una famiglia di viticoltori così soprannominata.
Partiamo però da tempi più recenti: Pietro, il nonno di Marco, nel dopoguerra era un viticoltore, ma la sua azienda agricola si riduce negli anni del boom industriale ad un piccolo vigneto sufficiente a coprire appena i fabbisogni della famiglia.
E' Eugenio, il papà di Marco, a riportare la famiglia nel mondo del vino, dapprima come commerciante, poi comprando dei vigneti a partire dal 1964, ed aprendo infine una sua cantina nel 1980, con il fratello Giuseppe e la di lui moglie Bruna.
Il 1983 è l'anno della prima bottiglia e della nascita di Marco, che da piccolo prende confidenza con i vigneti giocando a pallone tra un filare e l'altro, inseguito dalla zia non proprio compiacente!. Crescendo decide di seguire le tradizioni familiari: quindi prima gli studi di enologia e poi dal 2009 prende in mano l'azienda, sempre sotto la supervisione del babbo e degli zii.
Marco ha fondato con un coetaneo, e gestisce insieme a lui, anche un'altra cantina, nella vicina Gattinara, Il Chiosso.
Attualmente Mirù conta su 10 ettari di vigneti, con una produzione annua di circa 40.000 bottiglie, divise tra 6 etichette più una: dico più una perchè la settima è un passito di uva rara, "Peregrino", creazione di Marco per nulla pubblicizzata e prodotto in non più di 500 bottiglie: quasi un hobby.
Ho assaggiato il Ghemme DOCG 2005

Ghemme DOCG 2005
Vino rosso fermo secco, ottenuto con uve Nebbiolo per l'85 % e Vespolina per il 15 %.
La vendemmia manuale in cassette è della prima decade di ottobre.
Vinificazione in acciaio ed affinamento in botti di rovere di Slavonia per 36 mesi, a cui seguono almeno 12 mesi in bottiglia.
Le 5.000 bottiglie prodotte hanno una gradazione del 13 %.
Fra i tanti abbinamenti possibili, l' ho sperimentato con successo con il Lesso.
Nel bicchiere si presenta di colore rosso rubino, intenso, con sfumature granata.
I profumi sono fini e delicati, con delle note eteree che emergono tra profondi sentori speziati e delle linee balsamiche. Piacevole il frutto rosso, direi maturo, soprattutto prugna, ma anche mela e melograno.
Alla beva presenta una nota leggera data forse dalla Vespolina presente nella massima quantità consentita dal disciplinare. Deciso e tagliente, con un finale appena astringente ed amarognolo. Piacevole il retrogusto e buona la persistenza.
Se ben conservato può tranquillamente invecchiare per 25 anni.
Prezzo in enoteca: 20,00-25,00 Euro

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