Cultura

Amato, Ansedonia, miopie agostane e una lezione dal '92

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memorandum - di Roberto Napoletano

Amato, Ansedonia, miopie agostane e una lezione dal '92

Venerdì mattina sento al telefono Giuliano Amato da Ansedonia. Mi racconta che la sua lettera domenicale (è oggi in prima pagina sul nostro giornale) sarà un appello a Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo, chiede che si faccia sentire con la signora Merkel e monsieur Sarkozy, e ricordi loro che sull'Europa si decide a Bruxelles e non altrove. Se c'è e vuole continuare a esistere, questo politico belga sconosciuto ai più deve battere un colpo. Per lui, ma anche per noi, e – cosa che sfugge agli interessati – anche per i tedeschi e i francesi. Se un uomo che si chiama Helmut Kohl si lascia scappare che la signora cancelliera sta «rompendo la mia Europa», c'è materia su cui riflettere e, magari, anche per capire qualcosa di più delle turbolenze dei mercati di questi giorni.
Spengo il cellulare e mi viene in mente un altro racconto agostano che nasce e finisce sempre ad Ansedonia e ha come protagonista l'allora presidente del Consiglio. Questo episodio mi è stato confidato da lui personalmente un po' di anni fa e ne ho già scritto in passato, ma mi sembra giusto riproporlo in questo momento. L'anno è il '92, la lira fatica, Amato è molto preoccupato. Riservatamente il 27 agosto lascia Ansedonia, sale su un aereo di Stato a Grosseto e vola nella casa di campagna di Pierre Bérégovoy, primo Ministro francese, per convincerlo a pilotare con lui un riallineamento perché franco, sterlina e lira non ce l'avrebbero potuta fare a tenere fino al
20 settembre, giorno in cui si sarebbe votato per Maastricht. La risposta fu onesta ma ferma: «Caro Giuliano, non posso, il sì è sotto nei sondaggi, se faccio scendere il franco i miei cittadini lo interpretano come un oltraggio che l'Europa fa alla Francia e il referendum non passa». Amato ricorda
il finale dell'incontro: «Insistetti, "Guarda Pierre che prima del 20 succederà qualcosa, non ce la possiamo fare". Nulla, fu irremovibile. Finii la mia tazza di tè e rientrai ad Ansedonia». Vi ricorda qualcosa?
Un altro episodio di quei giorni avviene sempre nella stanza di Amato, questa volta a Palazzo Chigi, un paio di settimane dopo. È presente Ciampi, allora governatore della Banca d'Italia, e il suo consigliere Alfonso annuncia che il governatore della Bundesbank lo cerca al telefono. Ciampi esce e torna cereo: «Mi ha detto che da lunedì non cambia più lire con marchi». La prima reazione fu di disappunto: «Non possono fare questo». Invece potevano perché si scoprì che il governatore della Bundesbank aveva inviato una lettera riservata al suo Governo con la quale accettava le clausole del sistema monetario ma a patto che non mettessero a repentaglio la stabilità del marco. Anche John Major, interpellato al telefono, rispose altezzoso: «Se vuoi svaluta tu, la sterlina non ne ha bisogno». Nel weekend successivo svaluta solo la lira, ma tre giorni dopo la sterlina vola fuori dallo Sme, qualche settimana e parte l'attacco al franco che viene salvato a patto di allargare la fascia di oscillazione dal 2,5 al 15 per cento. Dopo, molto dopo, il re marco deve cedere il passo all'euro. È possibile che la storia non insegni nulla?
roberto.napoletano@ilsole24ore.com
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