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Ciao Pasquale, direttore del (grande) «Mattino» di Napoli…

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Ciao Pasquale, direttore del (grande) «Mattino» di Napoli e dei napoletani

«Sono andato a cena con il ministro del Tesoro, Giovanni Goria, e abbiamo parlato di Silvio Berlusconi. Vuole comprare tutti: corteggia la Carrà, Pippo Baudo, la Bonaccorti, dice che svuoterà la Rai, e poi ha messo gli occhi su Gullit, Van Basten e chissà chi per il Milan. Ho chiesto a Goria: ma tu sai chi dà i soldi a Berlusconi? Mi ha risposto: ah saperlo, saperlo! Ecco, vai tu a Milano e cerca di saperlo». Pasquale Nonno è direttore del Mattino di Napoli e mi guarda sornione, nella redazione dell'economia in Via Chiatamone, in un giorno di sole di luglio dell'86. Poi, riprende il suo passo deciso di sempre e si avvia verso la porta, all'ultimo si gira di scatto: «Vediamo se sei più bravo del ministro del Tesoro...» Lo raggiungo in corridoio e chiedo: «Scusa Pasquale, ho una scadenza?» «No, vai a Milano e prenditi il tempo che ti serve». Ci lavoro per mesi e l'inchiesta esce in due puntate alla fine di settembre, ricordo che mi fa riscrivere l'attacco («Questo lavoro merita di più») e butta lì lui il titolo: «Chi sarà il padrone di Berlusconi?». Sua Emittenza si irrita e spedisce al giornale una lettera in 18 punti quasi tutti con lo stesso inizio: «è falso che...» Nonno mi convoca nella sua stanza e dice: «È bene che tu risponda punto per punto». Mi regala un altro titolo («Il rosso e nero di Berlusconi») e sorride divertito quando gli comunico che avrei «fatto parlare» le carte. Il giorno dopo la pubblicazione spariscono dal Mattino le locandine dei programmi della Fininvest, si avvicina il Natale, arriva la querela e la seconda convocazione nella stanza del direttore. Pasquale si tocca i baffi, aggiusta la cravatta, e mi fa: «Abbiamo deciso di darti una gratifica di dieci milioni di lire per la qualità del lavoro dell'inchiesta, è d'accordo anche l'azienda, ne abbiamo persi così tanti di pubblicità che non saranno questi dieci milioni a spostare l'equilibrio dei conti. Piuttosto, non perdere la causa, dobbiamo vincerla assolutamente». Ritorno, in quella stanza, un po' di tempo dopo per comunicargli di persona che il giudice istruttore del tribunale di Napoli ha firmato l'ordinanza di archiviazione della querela di Berlusconi. La soddisfazione che vedo stampata nei suoi occhi è così rotonda, radiosa, da essermi rimasta dentro: da quel giorno il rapporto tra me, giovane redattore voluto da lui al Mattino, e il più passionale, burbero e partenopeo dei direttori, diventa amicizia. Questa scena mi torna davanti agli occhi mentre ascolto Renato, figlio di Pasquale e grafico del Sole, che mi avvisa in un pomeriggio triste del primo dell'anno che suo padre non c'è più: «So quanto vi volevate bene, mi sembra giusto dirtelo in tempo reale».
Trattengo le lacrime e non riesco a parlare, mi aggrappo al sorriso radioso di quel giorno di trent'anni fa ma sono lacerato dai rimorsi per avere promesso alla moglie Ginella di andarlo a trovare negli ultimi tempi, senza riuscirci. Rivedo Pasquale al capezzale di mio padre, stroncato da un infarto a 59 anni, arrivato lui prima di me che rientravo da Canazei, sempre lì anche il giorno seguente, e poi di nuovo su in casa dopo il funerale, ne risento l'urlo quando a voce bassa gli comunico che «mi sento in difficoltà, è accaduto tutto così in fretta, ma devo dirti che ho una trattativa importante e credo di lasciare il Mattino». Incrocio lo sguardo imbarazzato di mia madre: «So che ti vuole bene, ma che figura, guarda quanta gente c'è!» Capisco, con quell'urlo, che non posso andarmene e lui torna a sorridere. Rivedo Pasquale, seduto alla mia destra in Chiesa, come testimone di nozze, nel giorno più importante, e lo risento parlottare in un orecchio, si guarda intorno, scruta tutto, tira un sospiro di sollievo quando io e mia moglie, dopo un paio di tentativi andati a vuoto, riusciamo a scambiarci le fedi nuziali nelle dita giuste. Ricordo una telefonata di pomeriggio al Giornale di Napoli, un piccolo e battagliero quotidiano dove lavoravo a poco più di vent'anni, che mi cambia la vita: «C'è un amico che vuole parlarti ma non vuole dire chi è» mi dicono dal centralino. «Fatti dire chi è» rispondo io. «Guarda che insiste, dice che è un amico» «Passamelo» «Ciao, sono Pasquale Nonno, ce la fai a venire a tarda sera da me?» «E io sono Garibaldi, questa sera ho un impegno» dico e butto giù sicuro che si tratta di uno scherzo. Non è uno scherzo, come mi spiega il segretario di redazione del Mattino Ciccio Bufi che mi richiama e si qualifica, incontro Nonno e mi accorgo che ha letto tutto quello che ho scritto nell'ultimo mese. «Voglio rafforzare l'economia, non parlare con nessuno, tra due settimane ti chiamiamo per firmare» ascolto e comprendo a pelle di avere a che fare con un uomo schietto, ma stento a crederci e sbaglio.
Pasquale Nonno capisce di politica e la sa raccontare a tutti, ama i cavalli e il bridge, ha un tavolo fisso da Giovanni in via Morelli dove incontra ogni giorno il potente di turno e mi convoca abitualmente («Vedrai che impari qualcosa»), costruisce giorno dopo giorno il suo Mattino dei record di tirature senza mai nascondersi, destreggiandosi tra mille potentati, mosso da una curiosità insaziabile, dal gusto (profondo) del mestiere e da una napoletanità viscerale che gli consentono di mantenere per otto anni e mezzo il giornale di Napoli sempre in sintonia con le anime e il ventre della città, il sogno di un Mezzogiorno non più straccione, una visione europeista e un'idea nobilmente unitaria dell'Italia. Ricordo i suoi dubbi dopo la caduta di De Mita, era stato lui a volerlo alla direzione del giornale, all'epoca la Dc deteneva il 49% dell'editrice e nominava il direttore. I dubbi si traducono in una sola domanda: che faccio, me ne vado o resto con qualche aggiustamento? Lo chiede anche a me. Rispondo: se puoi resta, ma ricordati che non appartieni a De Mita, Gava, Pomicino e così via, appartieni a Napoli e ai napoletani, devi diventare il nuovo Ansaldo. Ogni tanto passeggiamo insieme per Spaccanapoli, molti lo fermano, lui ascolta e fissa tutto nella testa, gli elzeviri in prima pagina che lui battezza Napoletana, nascono qui o a cena, a Posillipo o in un vicolo, esprimono la sua capacità assoluta di intercettare le voci di dentro della Napoli di Maradona e di quella degli eredi di Chinchino Compagna e di «Nord e Sud», di Secondigliano, del Vomero e di Mergellina, la decadenza delle amministrazioni, la ruggine, il cuore, le smorfie e il disincanto di un popolo non ancora rassegnato. Mi chiede di inventare un settimanale di economia, «Lettera Sud», per parlare ai giovani e raccontare al Paese i vizi e le ruberie della nomenklatura meridionale ma anche il Mezzogiorno che non si arrende, la dignità e la forza cosmopolita della sua economia di mercato. Un giorno, sempre d'estate, mi chiama e dice: «Con Lettera Sud hai fatto un buon lavoro, il prodotto ha la sua fisionomia, ma ora serve un botto, devi trovare qualcosa che fa parlare. Perché non vai in Sicilia e scavi sull'economia del malaffare, gli intrecci tra finanza e Cosa Nostra?». Vado a Palermo e scopro dalla lettura della sentenza di Pizza Connection che ad essere coinvolta in un giro di false fatturazioni con l'ex sindaco di Bagheria e i traffici di Cosa Nostra non è l'ennesima finanziaria di prestanome, ma addirittura una società pubblica controllata dal Tesoro, l'Italtrade, che deve assistere finanziariamente la promozione e la crescita dell'industrializzazione del Mezzogiorno, scavo nei rapporti della Guardia di Finanza e trovo le conferme che mi servono. Torno a Napoli e riferisco: «Pasquale, io le carte le ho tutte, ho fatto le verifiche e ho sentito, credo, quelli che andavano sentiti, ti informo che l'Italtrade è un feudo democristiano e il suo presidente molto (molto) ascoltato e protetto dai vertici della Dc». Nonno esplode in una risata fragorosa: «E a noi che ci importa della Democrazia Cristiana? Fai un altro giro di verifiche e scrivi tutto, poi diamo l'anticipazione alle agenzie e stacchiamo i telefoni. Chiameranno, noi risponderemo il giorno dopo». Andò esattamente come previsto, protestarono tutti, ma il giorno dopo. Ciao Pasquale, direttore del (grande) Mattino di Napoli e dei napoletani, ci mancherai.
roberto.napoletano@ilsole24ore.com
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