Cultura

I ragazzi di Francesco e l'umiltà che ci ha fatto capire

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I ragazzi di Francesco e l'umiltà che ci ha fatto capire

Ho seguito il viaggio di Papa Francesco a Rio de Janeiro tra i giovani che trasmettono una speranza contagiosa, la visita all'ospedale dei bambini abbandonati, i meninos de rua, gli abbracci e le mani strette (tante) nella grande favela di Rio Varginha, attraverso le sensazioni, i colori, le emozioni del bloc notes di un inviato (molto speciale) che risponde al nome di Bruno Forte, teologo e arcivescovo di Chieti-Vasto, e le piccole chiose per me che hanno sempre accompagnato l'invio dei suoi appunti di viaggio. Pensieri del tipo: «Tutto affidiamo a Dio con questi meravigliosi giovani di tutto il mondo», «Il Dio della gioia di questi due milioni di giovani ci contagi». Mi restano dentro alcune scene di vita. I ragazzi di Francesco che pregano felici alla messa di apertura, sotto una pioggia insistente, sulla spiaggia di Copacabana. Il vescovo di Roma che entra nella baracca di una povera donna anziana, Maria Luisa da Penha, quasi in punta di piedi, come se visitasse una reggia, e si rivolge a lei con la premura e l'affetto che si devono a una "regina della sofferenza". Voci e occhi giovanili di ogni angolo della terra che sprizzano entusiasmo e gioia di vivere. Annota il nostro arcivescovo-reporter: «Come sulla tavolozza di un artista, il bianco e il nero, il marrone chiaro e scuro, il giallo e l'olivo pallido dei volti disegnano la fantasia del Dio che li ha creati e rivelano la stessa luce interiore, quella della gioia della fede e della voglia di fare il mondo più giusto». Ti sembra di toccare la forza fattuale delle parole di Papa Francesco: «Metti amore e la tua esistenza sarà come una casa costruita sulla roccia, il tuo cammino sarà gioioso, perché incontrerai tanti amici che camminano con te». Questo viaggio «alla fine del mondo», iniziato con il Papa che sale sulla scaletta dell'aereo con la borsa in mano, scuote il cuore di uomini e donne affidandosi ai fatti, sono i gesti prima delle parole a testimoniare la gioia della sfida di una Chiesa umile e povera. Mi riporta con la mente, d'incanto, al giorno delle storiche dimissioni di Ratzinger. Sono casualmente nell'ufficio di Pellegrino Capaldo, banchiere e grande esperto di economia aziendale (molto) cattolico e vedo negli occhi il suo tumulto da credente. Davanti all'ascensore, al momento dei saluti, mi dice: «Ci lascia un grande Papa, un grande teologo, vedrà che certamente ci farà capire». Come dire: è caduto un mondo e il tumulto resta, ma il disegno di Dio e le sue vie sono infinite, noi capiremo dopo. Il sorriso di Francesco e i suoi primi gesti hanno placato il tumulto e ci hanno fatto pensare di avere capito. Oggi, dopo Lampedusa e Rio, possiamo dire di avere capito con cognizione di causa.
roberto.napoletano@ilsole24ore.com
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