Cultura

Il sogno di Cristina nella Palermo dimenticata

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Il sogno di Cristina nella Palermo dimenticata

Cristina Alga è nata e vive a Palermo nel cuore del suo centro storico a pochi passi dalla Cattedrale. Ha trentacinque anni e una laurea in scienza delle comunicazioni conseguita un po' di anni fa all'università di Bologna. Ha un lavoro a casa sua, inventato scavando nei ricordi di un "mare complesso", e mi svela con voce dolce un pezzo di Palermo dove convivono i Mammelloni che si alzano dal mare, con la pesantezza dei detriti del sacco edilizio degli anni Sessanta, e la bellezza intatta di Monte Pellegrino che Goethe definì «il promontorio più bello del mondo». Venti minuti a piedi da Corso Vittorio Emanuele, all'altezza di piazza Marina, dal cuore antico di Palermo, ma hai la sensazione di entrare in "un altro continente" dove i laterizi dei cantieri delle periferie degradate sono riusciti ad "occupare il mare" e ad alzare sull'acqua "i promontori della vergogna". Cristina mi dice: «Ci siamo inventati "Mare Memoria Viva" e abbiamo voluto che fossero i cittadini con le loro storie, le loro testimonianze, il patrimonio dei ricordi e la forza espressiva dei video, le foto e i colori di un'epoca che non c'è più, a restituirci l'incanto di un pezzo di costa che abbiamo distrutto con le nostre mani e dobbiamo far rivivere. Partiamo con l'Ecomuseo Urbano, le piccole, grandi cose che parlano, i luoghi e le piazze dove ci si incontra, si fa cultura, ma vinceremo la nostra battaglia se bloccheremo le cause di inquinamento della fauna e della flora tra le più resistenti al mondo...».
Cristina e Filippo, il suo socio, hanno trovato i finanziatori e gli interlocutori pubblici giusti. Hanno scelto l'ex deposito delle locomotive della stazione di Sant'Erasmo alla foce del fiume Oreto, sulla costa sud di Palermo, per lanciare la sfida della "rigenerazione urbana", sono parole loro, che esprime un gusto erudito ma custodisce il senso profondo di una terra che non rinuncia a scommettere sui suoi giovani migliori e sulla speranza di una rinascita costruita con le proprie mani. Nella città dimenticata, una distesa di palazzoni che sembrano degradare sul mare, ci sono 1200 metri quadrati di "luoghi nuovi", frutto dell'ossessiva determinazione di Cristina e Filippo che hanno deciso di "combattere" in casa e di non arrendersi a un destino di declino e di malaffare. Bello il loro racconto di un giorno a suo modo speciale. Arriva il signor Spanò, salumiere del quartiere, arriva José, con i suoi gelati artigianali e le sue cassate di ricotta al forno, arriva Giuseppe, figlio di José, e scopre, attraverso le foto, la pasticceria del nonno, le case delle borgate marinare Sant'Erasmo, Romagnolo, Bandita, Acqua dei Corsari, i bagni pubblici e il laboratorio di famiglia di una volta, le terrazze dove si ballava, una folla allegra di bagnanti, il senso antico ma vitale di una comunità sana. Giuseppe non crede ai suoi occhi, tradisce l'emozione, ma taglia corto: «Questo posto avrà un senso e sarà utile per il futuro di mia figlia». Cristina e Filippo ci sperano, cominciano a pensare che qualcuno voglia ripulire davvero le acque, provano a metterci il "tassello giusto" per ripartire, sono intenzionati a non mollare. Sanno che non si possono permettere di deludere Giuseppe, figlio di José, e i tanti Giuseppe come lui. Custodiscono un sogno a occhi aperti: tornare a fare il bagno lì in quello specchio d'acqua, come avveniva negli anni Sessanta. I racconti dei pescatori e i luoghi della memoria faranno il resto.
roberto.napoletano@ilsole24ore.com
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