Cultura

L'atto d'amore di Brahms metafora tedesca della bellezza italiana

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L'atto d'amore di Brahms metafora tedesca della bellezza italiana

Sono andato giovedì sera a Santa Cecilia, all'Auditorium del Parco della musica a Roma, per una serata straordinaria in compagnia di Antonio Pappano e Gabriele Lavia dal titolo evocativo «Aimez-vous Brahms?». La passionalità del maestro si coniuga con la scrittura perfetta dei grandi interpreti, senza sbavature, e ci restituisce il genio e l'irresolutezza di un musicista tedesco dell'Ottocento, compositore, pianista e direttore d'orchestra, che sa parlare al cuore con la sua forza espressiva, modernità musicale, sentimento e poesia insieme. Il legno di ciliegio americano di Santa Cecilia trasmette calore, le mani del maestro "corrono" sulla tastiera del pianoforte e parlano, clarinetto e violoncello fanno il resto, è l'incanto (eterno) della grande musica. Eppure quello che mi è rimasto dentro è il misterioso legame di Brahms con Clara Schumann, pianista di successo, moglie e musa ispiratrice del suo «Illustrissimo Maestro» Robert, e il rapporto con l'Italia «profondo e romanticamente vissuto». Gabriele Lavia ci ha messo la voce a modo suo e la lettera del maestro tedesco («Cara Clara», Roma aprile 1881) si rivela un atto d'amore incondizionato per la nostra Italia e merita di essere riprodotta: «Penso qui a te troppo spesso e devo necessariamente mandarti un saluto. La primavera più bella la vivo qui, per la prima volta in Italia. A te non devo dire come e cosa si sente. Vorrei che tu fossi qui con me! Desidererei che tu potessi avere altrettanta energia per questo immenso godimento, quanto ne hai per la tua arte. Desidero per i tuoi occhi e per il tuo cuore la stessa beatitudine che provo io qui. Se tu stessi una sola ora davanti alla facciata del Duomo di Siena saresti estasiata e penseresti che questa visione avrebbe giustificato da sola l'intero viaggio. Ed ecco che entri, ma sul pavimento e nell'intera chiesa non c'è un solo angolino che non ti delizi in egual misura. E domani a Orvieto sei costretta a confessare che quel duomo è ancora più bello. E adesso immergersi nella bellezza di Roma è un piacere che non si può descrivere. Non vi è cosa che non meriti da sola l'intero viaggio, che quanto più è lento e fatto con calma, tanto più grande è il piacere che apporta. Venezia, Firenze, Roma, Napoli e quante altre mai città o tutte quelle che tu vuoi tra l'una e l'altra. Non puoi farti un'idea di che cos'è realmente la bellezza se non visiti l'Italia almeno una volta e ti devi dar la pena soltanto di godere appieno e con agio. Tuo Johannes». In questa frase, c'è la forza (dimenticata) di un Paese, il segno tangibile della sua storia, la metafora (tedesca) della bellezza italiana. Risento la voce del maestro Pappano nel foyer della Sala Sinopoli dopo il dialogo a due voci sul grande compositore: «Ogni musicista di questa orchestra ce la mette tutta per fare onore all'Italia». Un'orchestra di "solisti", quella dell'accademia nazionale di Santa Cecilia, che ha conquistato il mondo, non delude mai in casa e ha scalato le vette delle orchestre europee per numero di spettatori. L'orgoglio italiano di Pappano e dei suoi "solisti" parte da qui, si nutre di passione e duro lavoro, ma è quello che serve per ricordare al mondo, oltre un secolo dopo, che «non puoi farti un'idea di che cosa è realmente la bellezza se non visiti almeno una volta l'Italia». Parola di Johannes Brahms, Roma aprile 1881.
roberto.napoletano@ilsole24ore.com
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