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L'eredità dei due nonni Menichella e Campilli

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L'eredità dei due nonni Menichella e Campilli

«Ero a Orbetello nella libreria Bastogi, uno dei ragazzi mi ha avvicinato chiedendomi se ero parente di Donato Menichella, perché aveva letto il memorandum del Sole 24 Ore di domenica scorsa; ho detto di sì e lui mi ha dato una fotocopia dell'articolo che ho letto seduta stante e la grande sorpresa è stata quella di trovarvi citati non un nonno ma bensì due dato che da parte di mamma sono nipote anche dell'ex ministro dc del governo De Gasperi, Pietro Campilli. Ricordo anche che il citato Gabriele Pescatore era di casa da mio nonno Pietro e tutto questo oltre a farmi piacere non può che provocarmi una profonda riflessione». A scrivermi, nel pomeriggio di uno di questi giorni di inizio anno, è Fabrizio Menichella, nipote dell'ex Governatore della Banca d'Italia Donato, non è il primo degli eredi a farsi vivo e tutti aggiungono sempre qualche particolare inedito su una figura così carismatica e così frettolosamente dimenticata. Queste poche righe restituiscono, quasi naturalmente, il clima di complicità familiare e tensione emotiva di uomini senza dubbio fuori del comune quali furono Menichella, il secondo nonno di Fabrizio, l'ex ministro Campilli, e il presidente della Cassa per il Mezzogiorno, Pescatore. Devo dire, però, che a colpirmi ancora di più è la riflessione straordinariamente attuale che fa discendere dal ricordo di quella stagione: «Abbiamo tutti vissuto questi ultimi trent'anni come in un grande sogno dove ricco, bello e potente era il dogma; dove il fine ultimo (i soldi, il successo e il potere) giustificavano ogni mezzo per raggiungerlo. Forse è veramente giunto il momento di ricominciare a costruire un'altra Italia e per farlo bisogna iniziare dalle persone, dalla scuola, dai maestri prima e dai professori poi, dai genitori sempre; ai nostri ragazzi dobbiamo ricominciare a dettare le regole, ridare forza alle nostre istituzioni scegliendone con cura gli amministratori, richiedere condanne pesanti a chi si macchia di reati contro la pubblica amministrazione perché delinque contro ognuno di noi...». Il nonno paterno di Fabrizio ha lasciato ai figli «poche cose e di poco valore, ma tantissimi libri, manoscritti e un'eredità morale che non si può comprare perché non ha un prezzo». Rifiutò tutto: interviste, i Lincei, l'offerta di essere nominato senatore a vita, si ridusse lo stipendio da Governatore onorario e visse quasi tutta la vita in una casa in affitto a via Merulana a Roma. Nel 1960 alla lira fu assegnato l'oscar delle monete e Berruti vinse la gara dei 200 metri alle Olimpiadi. La nostra malandata politica di oggi ha bisogno di ritrovare quello spirito alimentato da un clima, quasi familiare, di complicità. Per fare bene, non per delinquere.
roberto.napoletano@ilsole24ore.com
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