Cultura

La piccola-grande bellezza dei Sassi di Matera

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La piccola-grande bellezza dei Sassi di Matera

«Ho davanti a me la città vecchia, gli irriducibili della Scaletta che sono andati a caccia di chiese rupestri e hanno passato le domeniche a fare i rilievi delle masserie fortificate. José Ortega aveva qui, nel cuore antico di Matera, la sua casa-bottega e non posso dimenticare la smorfia di Gioacchino, suo fan e factotum, ogni volta che qualcuno si rivolgeva al pittore spagnolo chiamandolo maestro. E no, diceva Gioacchino, almeno chiamatelo Professore, maestro è troppo poco!». Francesca Padula vive a Milano dagli anni dell'università, ha realizzato il sogno di fare la giornalista in casa nostra e lo fa con passione e capacità, ma non ha mai dimenticato i suoi Sassi e, dentro di sé, sa di non essere mai andata via da quel parco naturale popolato da 60mila anime, affreschi bizantini e caravaggeschi, una comunione di pietre e popolo, bambini e anziani. A volte i segreti dell'Italia più bella e nascosta affiorano in modo imprevedibile. Francesca ce ne rivela alcuni tra i più profondi, a voce bassa: «A chi mi chiede perché non sono su Facebook, spiego che il mio piccolo social network materano funziona alla grande: 33 cugini (primi), più gli amici del liceo e quelli del circolo la Scaletta. Sono partita per iscrivermi all'università a 18 anni (come moltissimi miei coetanei), sono rimasta a Milano, ma i miei legami con questa piccola-grande bellezza non si sono mai interrotti. Anzi, quando mi manca un po' di forza, vado a cercarla lì, nella mia "rete"». Si ferma un attimo, prende fiato, e prosegue: «Matera non è più quella dei miei 18 anni. A noi i Sassi erano raccontati dai nonni, il vicinato, i rioni, le famiglie contadine con i bambini che crescevano affidati ai vicini di casa, ma i nostri genitori quasi ci vietavano di scendere e così finivamo con l'essere ancora più attratti da questa piccola città "fantasma" chiusa alla fine degli anni '50, sfollata dalla legge De Gasperi per le pessime condizioni igieniche e l'altissima mortalità infantile. Tra i quartieri costruiti per ospitare le famiglie "sfollate" c'era anche La Martella alla cui realizzazione aveva contribuito Adriano Olivetti». È evidente che hai nostalgia di Matera...: «Vedi, la nostra è una storia di mancanze, siamo tutti partiti per mancanza di università, si andava a Milano per la Bocconi a Napoli per Giurisprudenza, mancava un collegamento ferroviario tra Matera e Bari, oggi a Milano sto benissimo ma mi mancano quei Sassi».
Cerco Paolo Verri, piemontese trapiantato nella terra verde, il più giovane direttore del Salone del Libro di Torino ha oggi scommesso su Matera capitale della cultura in Europa. Puntualizza subito: «L'università della Basilicata oggi c'è, è una realtà. La vera fortuna sono tutte queste persone che sono andate via e sono diventate grandi, questa è la ricchezza di Matera di oggi, perché molte di quelle persone tornano a investire dove sono nati, si inventano mestieri». Fa effetto cogliere il trasporto delle sue parole: «Sono venuto qui sulle tracce di Rocco Scotellaro e Carlo Levi e ho scoperto una relazione nuova tra paesaggio naturale e paesaggio costruito, lo spirito dell'abitante temporaneo, vieni e ti muovi come se dovessi rimanere il più a lungo possibile, l'apertura e la disponibilità al confronto di tutti, nessuno sa che cosa è la diffidenza, mi affaccio dalla finestra e mi sembra di vedere Tex Willer con gli indiani, lo scalpitio degli zoccoli dei cavalli, il senso dell'infinito e di un futuro remoto, una terra dove due creativi affermati hanno deciso di vivere e si sono inventati un nuovo modo di fare il gelato sulla base dei gusti del territorio, dal mirto alla pesca». Francesca è come se fosse ancora lì: «Vedi, il recupero di Matera è stato lentissimo ma costante. Alla fine la riscoperta è arrivata: prima il riconoscimento dell'Unesco (merito del materano Pietro Laureano, partito per andare a fare architettura a Firenze),
poi la risonanza del film di Mel Gibson (La Passione) che veramente ha proiettato Matera sul grande schermo. A Natale scorso, l'ultima volta che ci sono stata, tutto esaurito negli alberghi e nei bed & breakfast. Ora ai Sassi e alla chiese rupestri si sono aggiunti un bellissimo museo di arte contemporanea (il Musma), la Cripta del peccato originale e la Casa Noha nel Sasso Caveoso appena restaurata grazie al Fai». Ciao, Matera, piccola e cosmopolita, metafora di un Sud che non si arrende e scommette sulla cultura. Sopravvive nel cuore "emigrato" di uomini e donne della sua terra e costruisce il riscatto (dentro e fuori) con la forza dei suoi Sassi e la semplicità dei suoi modi.
roberto.napoletano@ilsole24ore.com
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