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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2014 alle ore 08:48.

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Cinematografici, i racconti di Uomini e comandanti lo sono quasi a ogni pagina. Lo sono attraverso la luminosità di una neve onnipresente e malfida. Lo sono nei movimenti decisivi delle nuvole. Lo sono nella suggestione degli sfondi, il roccolo del cacciatore di uccelli, la montagnola fumante della carbonaia, il lago d'alta quota dove inopinatamente si tuffa Pantelleria il siciliano. Lo sono nell'invadenza della carne animale, come dentro una pulp fiction partigiana (tra i più ferventi ammiratori del cinema di Questi risulta essere Quentin Tarantino). Lo sono nella cromatica dei corpi umani, vivi o morti: le carni bianche dei montanari bergamaschi, il membro blu dell'alieno Pantelleria, lo scrigno di raso rosso che corrisponde alla testa scoperchiata di un aviatore canadese.

Né scrivendo della Resistenza all'indomani della Liberazione, né (meno che mai) tornando a scriverne cinquant'anni dopo, Questi è caduto nella tentazione didascalica del Calvino autore, nel 1947, del Sentiero dei nidi di ragno: la tentazione di spiegare – fosse pure in una manciata di pagine – le ragioni ultime della lotta resistenziale. L'obiettivo più gettonato dai partigiani di Uomini e comandanti è il Monopolio dei Sali e Tabacchi di non si sa quale paese della val Seriana. Il ribelle che più si avvicina all'archetipo del martire, l'oste Antonio, combatte i nazifascisti «per mangiare cotenne di lardo». E la notte, il paesaggio onirico dei dubbi eroi di Questi non si anima unicamente con grandi seni di donna tramutati in polente fumanti: «Sognavano di partire per un qualunque posto e di non tornare mai più. Sognavano di impiccarsi insieme al Bergamino. Sognavano di strozzare il Prete. Sognavano di violentare la Ragazza».

La Storia non entra mai nei loro discorsi, il loro è un presente dimentico del passato e ignaro del futuro. È vero, i partigiani di Questi sono ammiratori incondizionati del comandante M., il loro capo in val Brembana. Si sentono attratti dai suoi scarponi con la gomma, dalla sua giacca a vento bianca, e anche dai suoi occhi celesti. Ma che cosa quegli occhi «vedessero veramente», i partigiani non sanno. «Il Pasqua lo domandò all'Opinel: - Dì un po'. Ma cosa guarda quando guarda? - Non lo sa nessuno, disse l'Opinel». «Forse qualcosa di bello».


Il libro di Giulio Questi, Uomini e comandanti, postfazione di Angelo Bendotti, Einaudi, Torino, (pagg. 194, € 18,00) sarà in libreria

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