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Questo articolo è stato pubblicato il 18 aprile 2014 alle ore 20:16.
L'ultima modifica è del 19 aprile 2014 alle ore 10:14.

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- Senta nella sua opera però il ruolo dei simboli e il rapporto fra il fantastico e la realtà è molto presente, come mai?

Ho l’impressione che dietro la realtà immediata, quella che vediamo, esiste un’altra realtà, che solo l’intuizione poetica riesce a captare ed è questo quindi che poi appare fantastico nel libro

- Senta si dice che quando lei scrive si mette in tuta da meccanico è vero?

Sì, semplicemente perché è molto più comodo. Uno si alza al mattino, si tira su la lampo, ed è pronto a lavorare. Perché vede io ho studiato in un collegio molto rigido, ci svegliavano alle cinque del mattino, ci lavavano nel cortile innaffiandoci con un getto di acqua fredda e per entrare in classe dovevamo essere vestiti in giacca e cravatta. Perciò mi è rimasta l’abitudine di non poter lavorare se non sono completamente vestito e sbarbato. Il modo più veloce quindi è di indossare una tuta. Una tuta che non ha assolutamente nulla a che vedere con tutti i simboli e le spiegazioni che hanno voluto dargli.

- Senta parliamo di questa sua scrittura dal punto di vista tecnico, prima di parlare del suo mondo poetico, ecco per esempio lei scrive tutti i giorni, la mattina, la notte, o quando le va? Cioè è abitudinario oppure irregolare?

Scrivo tutti i giorni, sempre alla stessa ora. Mi sveglio tutte le mattine alle 6 e passo due ore a leggere. Lo faccio a quest’ora perché con tutti gli impegni che ho non riuscirei a trovare un altro spazio libero durante il resto della giornata. Alle nove del mattino mi siedo davanti alla macchina da scrivere, fino alle 2 del pomeriggio. Deve essere così tutti i giorni, qualunque sia il giorno della settimana. Le mie settimane in altre parole non hanno domenica. E a parte questa condizione, in pratica, non ve ne sono altre. Però quando non lo faccio sento un peso sulla coscienza, mi sembra quasi di non essermi meritato il pranzo e in secondo luogo mi costerebbe grande fatica rimettermi a scrivere il giorno dopo. E’ un’abitudine che osservo rigorosamente come un impiegato.

- E quando scrive, lei fuma? Beve? Ha bisogno di caricarsi i qualche modo oppure no? Cioè ha tutti dei riti o no?

Fino ad una quindicina di anni fa, fino a Cent’anni di solitudine fumavo quattro pacchetti di sigarette mentre scrivevo. Dopo Cent’anni di solitudine, ho smesso. Da allora scrivo senza fumare. Non bevo mai e non prendo nulla che possa stimolarmi mentre scrivo. Magari lo faccio forse in altre circostanze ma non per scrivere. Anzi sono convinto che per scrivere sia necessario avere un’ottima salute e una condizione fisica simile a quella degli sportivi, a quella dei pugili. Lo considero un lavoro duro, serio, un lavoro in cui l’avversario è molto pericoloso e che pertanto richiede una condizione fisica buona come quella di un pugile.

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