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Questo articolo è stato pubblicato il 18 aprile 2014 alle ore 20:16.
L'ultima modifica è del 19 aprile 2014 alle ore 10:14.

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- Ecco a proposito di questo avversario molto pericoloso, lei scrive con facilità, cioè le viene, oppure è uno di quegli scrittori che sulla pagina fatica molto?

Dopo aver passato quarant’anni scrivendo ho imparato a farlo senza difficoltà. Si può imparare, ci sono dei trucchi. All’inizio mi sedevo davanti alla pagina in bianco ed era terribile perché a volte non sapevo cosa fare. Adesso no. Adesso non mi metto a scrivere un libro se non l’ho già pensato. Se non l’ho del tutto risolto in mente, come se l’avessi già letto. Solo in questo momento mi siedo per iniziare a scrivere. La stesura del primo paragrafo, può durare molto, anche un anno. Il resto del libro poi,può richiedere tre mesi. Nel primo paragrafo si riassume lo stile, il tono, perfino la lunghezza del libro si riesce a definire nel primo paragrafo. Per questo è così difficile scriverlo. E per questo è così difficile scrivere racconti e romanzi. Perché l’inizio è sempre faticoso. Una volta risolto questo tutto il resto è molto più facile. Per quanto riguarda poi il lavoro quotidiano ho una ricetta, frutto del consiglio provvidenziale di Hemingway secondo il quale non bisogna mai portare a termine il lavoro della giornata ma se ne deve lasciar eun po’ per il giorno seguente. Così all’indomani, quando ci si alza, è già risolto il problema di come iniziare e si continua così lasciando sempre un po’ di lavoro per il giorno dopo. A me non costa nessuna fatica scrivere, anzi gli unici momenti di assoluta felicità che ho avuto nella vita li ho provati scrivendo.

- Senta ma qual è il suo romanzo più bello? Quello che lei preferisce?

 Il più bello non so quale sia, quello che io preferisco è Nessuno scrive al colonnello

- E perché è quello che preferisce?

E’ il libro che è riuscito esattamente come io lo volevo, gli altri sono sempre un po’ approssimativi e ci si avvicina più o meno a quello che uno vuole. In questo caso invece era esattamente quello che io volevo. Dopo viene la ‘Cronaca di una morte annunciata’ questo vuol dire che preferisco i libri corti. Preferisco sempre quello che i francesi chiamano la ‘nouvelle’, la novelletta, la preferisco al racconto lungo, al romanzo. Perché mi sembra che si controlli molto meglio tutto il materiale. Che sia molto facile plasmare e riflettere i propri desideri nel libro

- Si dice che alla fonte della sua fantasia ci sono le favole che le raccontava sua nonna è vero?

E’ vero e non è vero. Non sono le favole che lei mi raccontava quello che ho detto è che lei mi ha insegnato uno stile con cui raccontare che consisteva nel dire la frottola più straordinaria o la cosa più fantastica che si possa immaginare con una faccia sera convincente e che faceva credere che fosse la verità. Penso che se c’è qualcosa di reale nei miei libri si tratta proprio di questo uno scrittore può raccontare tutto quello che gli passa per la testa purché sia capace di farlo credere, e per farlo credere la cosa migliore è quello di dirlo con la faccia di chi sta dicendo la verità. Se uno non crede che sia vero, il lettore non ci crederà mai. Questo ho imparato da mia nonna.

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