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Questo articolo è stato pubblicato il 18 aprile 2014 alle ore 20:16.
L'ultima modifica è del 19 aprile 2014 alle ore 10:14.

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- Signor Marquez, la ricchezza, a parte le cose ovvie, di profondo allo scrittore Marquez ha dato qualcosa, oppure no?

Molte cose che servono a scrivere e a vivere. Il problema del denaro si presenta quando influenza il carattere, quando influenza la personalità. Questo non è il caso mio, perché io non mi considero un uomo ricco, ma un povero con denaro, che è una cosa completamente diversa. Il maggiore dei miei figli è colpito molto dal fatto che io vada in giro per i negozi di Francia e Italia comprando abiti, che è una cosa che mi piace molto. E alla fine dice ‘Mio padre è un uomo che si veste come un povero con abiti da ricco’. Davvero, la ricchezza condiziona solo quando arriva al cuore, e al mio cuore non è arrivata.

- E quindi non le ha tolto niente, insomma?

Sì, ha tolto molto alla mia vita privata, e molto ha tolto alla tranquillità che avevo prima, quando non mi facevano queste domande nelle interviste.

- Senta, lei non ha mai sentito, a proposito di domande cattive, una contraddizione tra le sue idee politiche di sinistra, rivoluzionarie, e la sua vita quotidiana da ricco, insomma?

La mia vita quotidiana è molto piacevole, e questo mi rende sempre più rivoluzionario. Perché ora so perché voglio la rivoluzione: perché tutti possano vivere come me. È una cosa che ho molto chiara in mente.

- Lei però ha anche detto, non so se è una cosa nella quale si riconosce o no, ‘credo che sia una grave contraddizione il volere cambiare classe e spostarsi in alto’. Ecco, il passare da ricco a povero, non rischia di far perdere questa identità? Da povero a ricco, naturalmente.

Io credo che sia un rischio, certo. Però posso solo esprimere un giudizio su di me, conosco solo l’effetto che ha avuto su di me. E so che non è grave, e non crea problemi. Invece ricordo di avere citato una frase di Sartre, che dice ‘la coscienza di classe inizia quando uno si rende conto che è impossibile cambiare classe’. La verità è che uno non cambia mai classe.

- E questo è il suo caso?

Nel mio caso, non ho mai cambiato classe. Io nel fondo, continuo ad essere lo stesso vagabondo di sempre.

- Senta, ma la politica, per lei, che cosa è?

Probabilmente è la cosa più difficile che c’è al mondo. Questo è la politica per me.

- Nel 1973, quando Pinochet è andato al potere, lei ha dichiarato che non avrebbe più pubblicato nulla, finché non se ne fosse andato dal potere. Però Pinochet è ancora lì, e lei ha continuato a scrivere. Come mai?

La vita di uno scrittore è anche piena di battaglie perse. Quella l’ho persa, ma l’ultima non la perderemo. Arrivai alla conclusione che avrei fatto di più contro Pinochet scrivendo buoni libri, che non scrivendoli. Mi ero sottomesso, senza rendermene conto, alla censura preventiva di Pinochet, che mi ridusse al silenzio per quasi 5 anni.

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