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Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2014 alle ore 10:13.

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La Third Man Records, etichetta dell'analogista cronico Jack White (Seven Nation Army dei suoi White Stripes sancì la nostra vittoria ai Mondiali di calcio del 2006), ha comprato e restaurato questo gabbiotto del 1947, simile a quello delle foto tessera, che serve a incidere canzoni istantaneamente su disco analogico. L'album di Young è sotto qualsiasi livello di lo-fi, ma ha la freschezza della musica di A proposito di Davis dei fratelli Coen, e anche per questo è bello. Proprio per questo. Non è una cosa secondaria.
La gran parte del mercato scarica, condivide e "streamma", servendosi di piattaforme la cui sostenibilità a lungo termine è tutta da dimostrare, come Spotify, Deezer, YouTube. Sono servizi di una comodità sconvolgente, ma per una fetta anagraficamente rilevante di utenti è difficile stare dietro al flusso delle cose che «devi assolutamente sentire» segnalate dagli amici.

Il vinile, l'impianto, le cuffie, le canzoni in HD prevedono un momento di immersione, piacere e soddisfazione individuale, cioè quello su cui si basa il successo di qualsiasi industria culturale, accanto alla socialità dell'esperienza. Se perfino Bernard Arnault, presidente del polo del lusso LVMH, ha investito nell'azienda di amplificatori stilosissimi Devialet, significa che le cose stanno cambiando. Sempre più persone vogliono sentire da dio: abbastanza bene non è più abbastanza. La prima forma di hi-fi della storia è il Diamond Disc di Thomas Edison, che veniva pubblicizzato con degli eventi in cui un cantante lirico si esibiva insieme alla propria voce registrata, finché non smetteva di parlare e lasciava fare al disco. Le cronache dell'epoca parlano di un effetto sconvolgente, due suoni indistinguibili. Oggi sappiamo ovviamente che non era così, e la fedeltà del fonografo di Edison era penosa. Ma l'orecchio è fatto apposta per farsi ingannare. E godere.

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