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Questo articolo è stato pubblicato il 16 giugno 2014 alle ore 08:19.

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Jonathan Rauch riporta bene il senso di alienazione nel suo Demosclerosis. Il governo americano, dice, «probabilmente si è evoluto nella sua incarnazione finale: una struttura in continua espansione, in larga parte auto-organizzata, che solo per un dieci-venti per cento è sotto il controllo di politici ed elettori e per un ottanta-novanta per cento è sotto il controllo di innumerevoli gruppi clientelari». Le sue parole potrebbero descrivere altrettanto bene quel che accade a Whitehall, sede del governo inglese, o nell'apparato organizzativo di Bruxelles.
Quando un'azienda è fuori controllo, tende a perdere denaro e fare debiti. Il governo britannico ha avuto un bilancio in attivo solo sei volte dal 1975. Il governo americano l'ha avuto solo in cinque dei cinquantadue anni a partire dal 1960. Nei quindici anni dal 1965 al 1980, il deficit federale annuale ha toccato il tre per cento del Prodotto interno lordo nazionale solo due volte. Negli ultimi venticinque anni l'ha fatto tredici volte. Un numero incredibile di Paesi accumula debiti che superano il cento per cento del Pil; e questa proporzione è raggiunta soltanto seppellendo in note a piè di pagina ogni sorta di debiti e obbligazioni. Molto poco di questo denaro preso a prestito va a finanziare investimenti. Da Baltimora e Brasilia, alimenta invece i programmi assistenziali. George Bernard Shaw una volta ha commentato sarcastico che i politici possono sempre fare affidamento sul voto di Paul se gli danno i soldi che rubano a Peter. Il che sottostima il problema della democrazia, perché Paul è un anziano e Peter è un bambino, o addirittura non è ancora nato.
Uniti alla fine
La Quarta Rivoluzione ha tante ragioni. Bisogna convogliare il potere della tecnologia per fornire servizi migliori. Bisogna trovare idee intelligenti da ogni angolo del mondo. Bisogna sbarazzarsi delle legislazioni sul lavoro ormai obsolete. Ma al cuore della questione c'è il bisogno di ridare vita al potere di due grandi idee liberali.

C'è bisogno di ridare vita allo spirito della libertà mettendo più enfasi sui diritti individuali e meno sui diritti sociali. E c'è bisogno di ridare vita allo spirito della democrazia alleggerendo il carico dello Stato. Se lo Stato promette troppo, crea malumore e dipendenza nei cittadini; è solo riducendo le promesse che la democrazia sarà in grado di esprimere il suo istinto migliore di flessibilità, innovazione e capacità di risolvere i problemi. È una battaglia di enorme importanza. La democrazia è la migliore salvaguardia per i diritti basilari e le libertà basilari. Ed è la migliore garanzia per l'innovazione e la risoluzione dei problemi. Ma lottare contro i suoi istinti peggiori sarà dura.
Le tre rivoluzioni di cui parliamo nel libro sono state straordinariamente combattute. I rivoluzionari hanno dovuto mettere in discussione assunti incrollabili e sognare un mondo diversissimo, spesso a dispetto della forte opposizione di chi era al cuore dello Stato. Thomas Hobbes definì un mondo in cui il potere era giustificato non da Dio o dal sangue ma dalla propria abilità di risolvere il problema dell'ordine pubblico. I grandi costruttori di nazioni agli albori dell'Europa moderna dovettero affrontare signorie spirituali e temporali gelose dei propri privilegi. Dovettero pure creare una macchina amministrativa in un mondo in cui viaggiare era complicato e c'era scarsità di burocrati istruiti. John Stuart Mill immaginò un mondo in cui il potere era limitato dalla libertà individuale. I grandi riformatori del Diciottesimo e Diciannovesimo secolo combatterono una lunga battaglia con le forze dell'Antica Corruzione che guadagnavano tanto dal vecchio mondo. Beatrice Webb riconsiderò le convinzioni della sua giovinezza sui mali dell'intervento dello Stato. I socialisti del Ventesimo secolo furono indefessi costruttori di istituzioni e crearono il welfare state moderno, con le sue scuole, gli ospedali e i sussidi di disoccupazione, affrontando un contesto enormemente diffidente.

Eppure ciascuna di queste rivoluzioni portò grandi risultati. La giovane Europa moderna divenne il continente più dinamico del mondo. L'Inghilterra vittoriana creò uno Stato liberale che offrì servizi migliori a un costo più basso di quello dell'Antica Corruzione, fece da supervisore alla transizione alla democrazia di massa minimizzando il caos del processo, e regnò su un vasto impero a prezzi contenuti. Il welfare state fornì a milioni di persone una sicurezza tangibile in un mondo che poteva essere orribilmente difficile.
La Quarta Rivoluzione non sarà più facile delle precedenti: il successo a metà delle riforme Reagan-Thatcher lo dimostra. Costringerà molti occidentali a ripensare due cose considerate, da molti, beni autoevidenti: il welfare e la pratica della democrazia. Ma è solo perché da ultimo sono diventati autodistruttivi: il welfare è proliferato a dismisura e la democrazia è diventata autoindulgente, scadente, e troppo spesso corrotta. Sarà dura convincere la gente che uno Stato più snello e che offre meno benefici possa essere più forte. E sarà dura imporre regole autolimitanti alla democrazia. Ci saranno tante opportunità per i demagoghi con interessi particolari. I parlamentari non cederanno facilmente i loro collegi; il capitalismo dei compagni di merende lotterà duro per le proprie sovvenzioni.
Ma i riformatori dovrebbero andare avanti, rimanendo aggrappati alle tre grandi verità innegabili della loro causa. La prima è che il costo dell'inazione è alto – come lo sarebbe stato se ai suoi albori l'Europa moderna si fosse rifiutata di costruire macchine statali o se l'Europa dell'inizio del Ventesimo secolo avesse rinunciato a offrire servizi per i poveri. Se non riformato, il welfare moderno ristagnerà per il suo stesso peso: già non riesce ad aiutare la gente che ne ha più bisogno, sperperando la propria generosità a vantaggio di interessi acquisiti già molto coccolati. E la democrazia andrà sprecata come previsto da John Adams. La seconda verità innegabile è l'opportunità. I vantaggi di una Quarta Rivoluzione sarebbero radicali: ogni Stato che valorizzerà le forze innovative più potenti della società si staccherà dai suoi pari. E, infine, i riformatori hanno la storia dalla propria parte: questa rivoluzione ha come oggetto la libertà e i diritti dell'individuo. È la tradizione che ha dato la spinta prima all'Europa e poi all'America. L'Occidente è stata la regione più creativa del mondo perché ha reinventato lo Stato diverse volte. Abbiamo fiducia che lo possa fare ancora, anche in tempi difficili come questi.

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