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Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2014 alle ore 08:15.

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Incunabolo della storiografia artistica, queste memorie epigrafiche disegnano, sotto la sapiente guida di una conoscitrice di Plinio come Monica Donato, anche la trama di una ricorrente nostalgia dell'antico: per esempio nella forma peculiare della firma con opus seguito dal genitivo, attestata già in Giotto, che in un memorabile studio del 2003 Donato dimostrò derivata dalle due "firme" (inattendibili ma celeberrime) Opus Fidiae-Opus Praxitelis che ancora si leggono sui piedistalli dei giganteschi Dioscuri del Quirinale. O nell'uso dell'imperfetto faciebat ("faceva") in luogo del perfetto fecit ("fece"), «a indicare la perenne perfettibilità dell'arte»: fu Poliziano a mettere in risalto il passo di Plinio il Vecchio dove se ne parlava, innescando firme d'artista pendenti titulo (cioè all'imperfetto), inclusa quella di Michelangelo sulla Pietà di San Pietro. Anche il Filarete che, sulla porta bronzea di San Pietro, rappresenta se stesso, compasso in mano, mentre avanza a passo di danza coi suoi discipuli, non si spiega senza l'esempio dello scultore greco Baticle che (scrive Pausania) si rappresentò in un choros con i propri aiutanti. La danza del tempo, verrebbe da dire, dove da maestro a discepoli si trasmettono curiosità e know how: come in questo libro, dove Monica Donato, guidando un agguerrito gruppo di collaboratori e allievi, richiama la lezione di maestri di Normale come Paola Barocchi, Armando Petrucci, Augusto Campana, Enrico Castelnuovo (da poco dolorosamente scomparso). Dobbiamo augurarci di vedere presto, on line e in libreria, altri volumi come questo: non solo per la messe di inediti e di interpretazioni, ma soprattutto per la sagacia del metodo e la promessa di un rinnovato Medio Evo.
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