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Partire da Napoli per restare a Napoli

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Partire da Napoli per restare a Napoli

«Parlare sul palco del San Carlo non è una cosa facile, l'emozione ti prende e taglia le parole». Maurizio Marinella, sulle spalle un secolo di cravatte anglo-napoletane, venti metri quadri al numero 287 della Riviera di Chiaia dove sono passati tutti i Kennedy, Enrico De Nicola e Giorgio Napolitano, Chirac, Mitterrand e Sarkozy, il principe Carlo d'Inghilterra, uomini di cinema e teatro come Mastroianni, Totò, De Filippo, Ettore Scola, dice questa frase mentre si siede a tavola provato ma contento, dopo le ventidue di giovedì, nei giardini di Palazzo Reale, a Napoli. Sullo sfondo un Maschio Angioino ricoperto, in un gioco di luci e effetti ottici, da una "distesa" di cravatte, due numeroni (1914-2014) e una scritta (la passione per l'eleganza) che sintetizza la storia di una famiglia di tre generazioni, gli odori e i colori di una bottega che appartiene naturalmente a Napoli e al mondo e festeggia il suo centesimo compleanno.

Sono seduto di fronte, intorno allo stesso tavolo, e lo osservo, è come se vedessi in controluce Mariano Rubinacci, l'abito del matrimonio più di vent'anni fa, l'amore per i tessuti che passa dagli occhi alle mani e quel conversare garbato intorno a un caffè nella sua London House, a qualche centinaio di metri a piedi dalla bottega di Marinella. Percepisco, voglio dire, uno stile (unico) e il senso (profondo) di una fatica creativa portata con eleganza che ho avuto la fortuna di conoscere molto tempo fa. Qualità e modi di uomini che appartengono a un'altra Napoli e riconciliano con le ferite mai curate di una terra martoriata da tutti i punti di vista.

Mi hanno colpito un paio di passaggi del discorso di Maurizio e glielo dico. Il primo è: «Vivo ancora il commercio come mi hanno insegnato mio padre e mio nonno, il luogo incantato che abbiamo costruito e migliorato negli anni, vorrei che restasse per sempre la classica farmacia di paese, con quella tipica atmosfera di caldo e accogliente luogo di ritrovo». È bello sentire questo attaccamento ai (nostri) saperi e alle (nostre) botteghe perché dietro quei legni e quei tessuti "a metraggio limitato" c'è il pezzo più nobile della storia artigiana del Paese e molto di quello che un po' si è perso nel cuore della provincia italiana (soprattutto al Nord e al Centro) dove le grandi griffe spopolano e "uniformano" strade e vetrine e ti sembra di camminare a via della Spiga a Milano o a via Condotti a Roma.

Qui il pericolo non esiste, ascoltate questo secondo passaggio di Marinella: «Mi piace dire non solo che sono nato a Napoli, ma che sono nato a Piazza Vittoria. Il contatto continuo con il mare, la vicinanza alla Villa Comunale, il rapporto simbiotico con la bellezza di questa città, sono tutti elementi che mi fanno sentire fortunato... il messaggio che mi è stato trasmesso da chi mi ha preceduto è stato quello di partire da Napoli, ma non lasciare Napoli: partire da Napoli per restare a Napoli». Maurizio Marinella continua ad aprire ogni giorno la sua bottega alle 6,30 del mattino e a offrire il caffè ai suoi clienti più mattinieri, cerca e addestra maestri artigiani («Perché facciamo tanta fatica? Dobbiamo spiegare ai nostri giovani la bellezza e la ricchezza di questi mestieri»), custodisce e esporta nel mondo, di bottega in bottega, un capitale di manualità che tutti vorrebbero ma non è in vendita.

In una città senza lavoro e senza pace, dove i cantieri sono eterni e tutto cade a pezzi e dove il morso della criminalità organizzata compete con quello della corruzione e del malaffare, non ci potrebbe essere gesto più pacificamente rivoluzionario. A loro modo, i Marinella, i Rubinacci, Kiton, Attolini e tanti altri, ognuno nel suo campo, sono i custodi di un patrimonio di valori e di saperi che si misura con problemi territoriali di ogni tipo, ma coincide con la speranza (effettiva) di una rinascita partenopea e di un primato della manifattura italiana che possano assicurare e guidare, nel mondo, una prospettiva di crescita di lungo termine al nostro Paese. Partire da Napoli per restare a Napoli, ma anche partire da Venezia, Parma e Firenze, da Torino e Bari o Lecce, da Orvieto e Acireale, dall'ombelico umbro e marchigiano alla Riviera del Brenta e ai Sassi di Matera fino alla Palermo dimenticata, partire sempre ma per restare sempre nella città da cui si è partiti. Partire dall'Italia per restare in Italia, tutto qui, e farci riconoscere nel mondo per quello che siamo davvero e per quello che sappiamo fare. Non è mai troppo tardi per tornare a credere in noi stessi.
roberto.napoletano@ilsole24ore.com

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