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Questo articolo è stato pubblicato il 20 luglio 2014 alle ore 08:15.

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Lei è una figlia di papà, ma di lusso, ed è pure la più vezzeggiata di casa essendo la minore di quattro sorelle. Silvia è l'ultimogenita del filosofo Benedetto Croce: nacque nel 1923 e, nella sua appassionata e lunga vita, fu traduttrice e autrice, oltre a ricoprire importanti incarichi in istituzioni accademiche e culturali napoletane, tra cui la presidenza del Suor Orsola Benincasa. Per un caso fortuito, pochi mesi dopo la sua morte nel 2011, è stato ritrovato un suo pamphlet, riedito ora in parte con il titolo Là dove finisce il dolore. Posillipo nella letteratura.
Quest'opuscolo degli anni Sessanta «era stato promosso e pubblicato da Italia Nostra con la finalità di denunciare la speculazione edilizia che aveva deturpato la bella Napoli e la collina di Posillipo». Come ricorda la nipote Marta Herling, figlia della sorella Lidia e qui curatrice dell'opera, in Silvia «la cultura conviveva con una sensibilità fortissima e viva per la natura, l'ambiente, il paesaggio. E la espresse questa sensibilità in un temperamento sportivo, intraprendente e talvolta spericolato». Vivace e ironica, già a dieci anni "Silvietta" sapeva tener testa all'ingombrante padre, come rammenta nell'introduzione Giuseppe Galasso, citando i diari dell'intellettuale: «Persino la più piccola mi ha fatto notare che io non sono abbastanza colto in cinematografia». Anche questo breve saggio testimonia il carattere fiero e la tempra indocile della Croce, nonché la sua raffinata e vasta cultura: spaziando con disinvoltura da Omero a Plinio, da Sannazzaro a Cervantes, da Stazio a Goethe, l'autrice ripercorre la storia letteraria e urbanistica del famoso sobborgo partenopeo, affacciato sul golfo, che nei secoli ha ammaliato viaggiatori, scrittori e artisti, proprio come le Sirene con Ulisse o la ninfa Nisida con Giove. Questa è una terra di creature divine, paesaggi numinosi e «glauco mare»: qui Virgilio scrisse le Georgiche.
La magia millenaria è però, da un secolo, alla mercé di speculatori e palazzinari: «Noi, pessimi nipoti», avremmo dovuto «conservare gli incanti di Posillipo proprio come li avevamo ereditati da natura e poesia. Non ne siamo stati capaci, per questa nostra indolenza napoletana (italiana?) che finirà con il privarci della nostra unica ricchezza».
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Silvia Croce, Là dove finisce il dolore. Posillipo nella letteratura, Liguori Editore, Napoli, pagg. 64, € 10,99

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