Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 20 luglio 2014 alle ore 08:14.

My24

Dal 5 al 9 luglio si è svolto a Milano, per la prima volta in Italia, il Forum della Federazione europea delle società di neuroscienze, affollato, festoso, pieno di novità. Tra una sessione e l'altra però, molti ricercatori erano preoccupati: l'avventura europea dello Human Brain Project (Hbp) nata nove mesi fa è minacciata dal "determinismo tecnologico" e da un leader "autocratico". Esigono riforme come scrivono in una lettera aperta alla Commissione Europea. Altrimenti i 700 firmatari, lo boicotteranno.
La fronda inizia, inascoltata, nelle riunioni preliminari del 2010. Nell'aprile 2012, Henry Markram del Politecnico di Losanna e coautori propongono alla Commissione di creare le «fondazioni tecniche per un nuovo modello di ricerca... che integra dati e conoscenze di discipline diverse e catalizza uno sforzo comune per arrivare a una nuova comprensione del cervello, a nuove terapie per le malattie cerebrali e a nuove tecnologie computazionali simili al cervello». La proposta è approvata dalla direzione per le Tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione (ICT), e diventa uno dei due programmi-bandiera dell'Unione Europea con scopi squisitamente informatici: selezionare strategicamente nuovi dati a partire da quelli accumulati; «identificare principi matematici sottostanti i vari livelli dell'organizzazione cerebrale e la loro capacità di acquisire informazioni»; fornire alla comunità i servizi di «un sistema integrato di piattaforme ICT»; sviluppare modelli e prototipi di piattaforme ICT.
Sono anche gli scopi del Blue Brain Project, iniziato da Markram nel 2005 per simulare in un super-computer un cervello di topo e vedere «emergere la coscienza». A fine 2012 Markram riceve 54 milioni di euro per il triennio di avvio che coordina e co-dirige nonostante i conflitti di interesse. Di fatto, è l'editore delle riviste «Frontiers» nelle quali interviene a volte ribaltando il giudizio dei revisori; detiene decine di brevetti per algoritmi e processi che codificano e decodificano l'informazione, anche di quella scientifica; ha una sua fondazione che promuove il suo modello di ricerca informatizzata. La fronda dei colleghi non lo stupisce, succede sempre all'araldo di "un nuovo paradigma".
Nell'ottobre scorso, vara lo Hbp con un comunicato trionfale: con 80 istituti-partner «è iniziato il Progetto di neuroscienze più ambizioso del mondo». Il primo compito del suo triumvirato è di preparare il piano per il biennio o triennio successivo, che la Commissione deve approvare entro dicembre e finanziare con 100 milioni di euro. (Per il decennio serviranno 1,2 miliardi, circa metà a carico degli Stati membri e di sponsor privati).
Presentato alla Commissione il 10 giugno, il piano taglia via 18 istituti e tutti gli studi cognitivi, quelli che più interessano il grande pubblico perché cercano di correlare l'attività cerebrale a emozioni, apprendimento, decisioni, rapporti umani insomma, e ai loro disturbi. Li esclude anche se per protesta a fine maggio si era dimesso Stanislas Dehaene, appena gratificato con il Brain Prize 2014, leader dello Hbp per le neuroscienze cognitive. «Ha ragione,» dice Mathew Diamond della Sissa. A Bruxelles aveva partecipato agli incontri preliminari e si era opposto a un programma-bandiera e ai suoi meccanismi opachi di finanziamento. «Non è sbagliato voler simulare un cervello al computer, singoli ricercatori lo stanno già facendo sinapsi per sinapsi. È sbagliato voler costringere una scienza sperimentale a seguire una visione unica». Quella del coordinatore.
Forse si capiscono meglio i malumori europei se si confronta lo Hpb e l'iniziativa americana Brain annunciata dal presidente Obama nell'aprile del 2013 con un preventivo decennale di 4,5 miliardi di dollari. Dovrebbe inventare strumenti per mappare l'attività dei singoli neuroni e le loro connessioni, più affidabili e meno invasivi di quelli usati da tempo con vermi, moscerini o topi. Se si tratta di un "nuovo paradigma", per dirla con Markram, ricorda quello suggerito da Renato Dulbecco nel 1986 per Progetto Genoma Umano: una gara tra laboratori, nella quale ognuno corre con idee, software e hardware di sua scelta. Solo che le neuroscienze, obietta Gary Marcus della New York University, «non hanno un "ponte" tra la biologia e la psicologia», una sorta di Dna il cui codice una volta decifrato porterebbe dai neuroni di tutti alla storia personale del singolo cervello, pensiero, identità, autismo, Alzheimer...
Le star delle neuroscienze internazionali che avevano proposto Brain nell'ottobre 2011 lo riconoscono, invitano tutti a moderare le promesse e a suggerire linee di ricerca nelle consultazioni in corso, coordinate non da loro o dai loro centri di ricerca, ma dagli Istituti di Sanità che lo finanzieranno. E proprio le star sembrano felici come pasque di partecipare a un dibattito a volte rissoso fra discipline che hanno pochi modelli in comune perché spaziano dalla psichiatria clinica alla matematica, passando dalla bioingegneria che da cellule staminali deriva "mini-cervelli" – umani e vivi.
In Europa è successo il contrario. «Si sono tagliati i rami che non stanno nel modello, così siamo ritornati al progetto di piattaforme che discutevamo a Bruxelles dieci anni fa», osserva Mathew Diamond. Però senza quei rami, lo Hpb diventa un po' modesto per attirare gli sponsor necessari a programma-bandiera, no? «Forse, ma si può renderlo più flessibile e aperto, applicando le regole: trasparenza, collegialità, valutazioni indipendenti fatte da esperti senza conflitti di interesse». La Commissione si è impegnata a riesaminare il piano per la fase due, di sicuro accoglierà le riforme raccomandate anche dai comitati consultivi del progetto.

Commenta la notizia

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi