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Questo articolo è stato pubblicato il 27 luglio 2014 alle ore 08:14.
L'ultima modifica è del 27 luglio 2014 alle ore 13:49.

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VolterraTeatro è un Festival che fa della commistione delle arti il suo punto di forza. L'edizione 2014 è dedicata al tema della "ferita", intesa sia come sofferenza collettiva, globale, legata alla crisi, all'impoverimento, alla rovina dei giorni attuali (rovina anche letterale, se si pensa che le mura medievali che circondano Volterra stanno crollando), sia come dimensione di dolore personale, intimo, dell'artista, del teatrante, ma anche dell'uomo, del prigioniero, del carcerato.
Tra le numerose proposte del Festival, si segnala il lavoro di Teatri 35, gruppo di artisti di origine napoletana, attivo su territorio nazionale e internazionale da quindici anni nel campo della sperimentazione teatrale e della mistione di linguaggi. In particolare, negli ultimi anni Teatri 35 ha concentrato la sua ricerca intorno all'antica e raffinata arte del tableaux vivant, quella complessa tecnica di riproduzione delle opere pittoriche mediante attori in posa. Attraverso un delicato sistema di immedesimazioni e interpretazioni incarnate dai corpi dei performer, i quadri non solo prendono vita, ma si dotano di una vividezza che oltrepassa la barriera della contemplazione museale.
Il panno acotonato dello inferno è il titolo scelto per la performance, proposta nella suggestiva cornice della Pinacoteca Civica: la citazione si deve al Pontorno, uno dei due artisti "messi" in scena insieme al Rosso Fiorentino, di cui viene rappresentata la celeberrima Deposizione, e indica l'aspetto inafferrabile della pittura, che esige per sua natura un supporto, un panno, per potersi manifestare. Nella lettura proposta da Teatri 35, i panni divengono le stoffe cangianti indossate dagli interpreti. Ma non solo: accanto ai tableux vivants, infatti, gli spettatori assistono a un inusuale esercizio di live sketching, ovvero di disegno dal vivo. Le due abili illustratrici Caroline Peyron e Simonetta Capecchi disegnano le medesime opere inscenate, e il pubblico può partecipare di due sguardi diversi: da un lato la copia fedele nei corpi e nei visi, dall'altro il tratto accennato eppur comunicativo negli schizzi. Inoltre, il lavoro è preceduto da una lectio magistralis della critica d'arte Bianca Tosatti, che illustra con passione travolgente i segreti della Deposizione («il quadro più bello, più rivoluzionario, più anticonformista del mondo»), ammirabile nella Pinacoteca.
Nell'insieme, la proposta è sicuramente affascinante, seppure la scelta di presentare ben 24 tele si dimostra di difficile assimilazione: si avverte la necessità di un ritmo più consono ai dettami teatrali, e di una maggiore interazione tra le pittrici e i performer, che invece agiscono in parallelo. Sarebbe interessante sviluppare una dialettica drammaturgica tra le due voci, tra due arti apparentemente così distanti.
Bisogna anche constatare, però, che una fetta di pubblico non ha affatto subito la ripetizione statica delle immagini, ma anzi ne ha beneficiato: vi erano infatti numerosi disegnatori presenti in sala, che hanno a loro volta schizzato, abbozzato sui loro quaderni, partecipando alla performance e dotandola di un senso ulteriore; quasi che, dietro quei gesti convulsi, quegli sguardi fissi e attenti, si nascondesse un codice segreto che loro afferravano e ricreavano. E bisogna riconoscere che anche lo spettatore meno esperto di arti figurative, e quindi forse meno coinvolto, è stato premiato portandosi a casa un bozzetto o acquerello davvero originali.
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