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Questo articolo è stato pubblicato il 01 agosto 2014 alle ore 10:36.

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Da qualche tempo la incuriosiscono gli hooligans, le loro facce. Prima di dedicarsi ai vandali, però, Giulia Agostini sarà in mostra al Foyer del Sant'Artemio a Treviso fino al 24 agosto. La mostra all'ex ospedale fiorisce con un tocco di estraneità e humor, sospesa tra corpi sbilenchi - liberi come spade d'avorio - di ragazze e ragazzi trasformati in "rifugiati" dell'arte, quasi fantasmi. Muti, chini, genuflessi, interrotti nella mitragliatrice del fotogramma, in un click, nelle mascelle, nei glutei. "Strane novelle", un po' giapponesi un po' flessuose, come i diari di Elia Suleiman.

"L'invito ad esporre in questo spazio è legato al 1° premio di fotografia (Premio Aldo Nascimben) che ho vinto lo scorso autunno a Treviso, dove ho già esposto alcune fotografie alla Fondazione Benetton" ci racconta Giulia. "Lo spazio del Sant'Artemio è ampio e luminoso. Ho scelto, insieme al curatore, di raggruppare le foto in un angolo della hall, così da non disperdere troppo l'attenzione e allo stesso tempo concentrarla nel labirinto di pannelli che accoglie le opere".

La serie fotografica Girls I, II, III sembra uno scarto verticale di ciò che (non) si vede: è Giulia ad essersi accorta delle "girls" o loro di lei? "E' stato il mio ragazzo a mettermi in contatto con loro, e dopo il primo caffè, abbiamo iniziato a collaborare. Ora sono delle amiche. Auguro loro di trovare ciò che cercano" dice l'artista. In qualche scatto si agita "profano" l'aspetto sociale. Tracce di vita, massacrata o ingannata. E qualche ombra, come l'aborto e il siero della vita.

Echi di senso e di sesso nelle fotografie di Giulia Agostini. "Più volte - aggiunge - ho fatto l'amore scattando fotografie". Nella sfera diabolica degli incontri mette "le persone che non fanno ironia su se stesse", e a proposito del narcisismo ha le idee chiare: "Bè, non mi dispiacerebbe ci fosse un fiore di nome Giulia". Una giovane fotografa come lei si confronta necessariamente con il mercato europeo: "Collezionisti? Vorrei incontrarne di più. Voyeurismo? In tempi di crisi è lecito". Poi arrivano le natiche, un refrain dei suoi scatti: "I culi si possono mettere ovunque, in un prato di fiori, nella sala di un cinema, farli spuntare da dietro un divano, stenderli su un letto. I culi portano fortuna". Le derive dello sguardo di Giulia sono appena cominciate ma già non bastano: "E' la mia ossessione. Ne sono ossessionata da questa cosa del 'di più'. Sono più frequenti i momenti in cui sembra di non aver fatto abbastanza. Ora sto lavorando al mio primo libro fotografico che raccoglierà parte degli scatti attualmente in esposizione a Treviso ed altro materiale".

Nuovi, fertili colori della vita professionale di Giulia sono quelli dei tramonti ("Mi commuovono"), e a seguire, gli attacchi di panico e l'inappetenza ("Solo nei periodi di folle innamoramento"), il bene e il male dell'esistenza ("Rianimo il bene e il male quando sono distesa, pacifica"), l'eccitamento: "E' qualcosa di bagnato... inizia con un lungo bacio sotto la pioggia e finisce distesi da qualche parte, felici e consumati. In campo artistico lo trovo nelle allusioni ma anche nelle forme più esplicite. Cerco di tenermi sul confine, se c'è, tra questi due binari, con delle preferenze per certi particolari". E, alla fine, da Giulia una lieve verità: "Le fotografie salvano la vita. A me, l'hanno salvata".

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