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Questo articolo è stato pubblicato il 03 agosto 2014 alle ore 08:15.

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Fu più di quarant'anni fa che Mimmo Cuticchio ingaggiò una battaglia ben più aspra e difficoltosa di quelle affrontate dai suoi paladini, nel tentativo di dare nuova vita all'opera dei pupi e al cunto, relegati ad attrazione turistica o a curiosità per etnoantropologi. A giudicare dalla folla festosa che da giovedì scorso ha riempito tutte le sere il lussureggiante orto botanico di Palermo per seguire la trentunesima edizione de La macchina dei sogni, la manifestazione estiva creata proprio da questo maestro, la guerra sembra essere vinta gloriosamente, e certamente altri significativi vessilli dell'impresa riuscita sono la notorietà di Cuticchio in tutta Italia e le felicissime tournée estere, anche se forse qualche schermaglia di territorio, proprio qui in Sicilia va ancora sostenuta. Fattostà che nella luce declinante del pomeriggio, fra tronchi secolari, rarità botaniche e stagni traboccanti di foglie e fiori, sì è mosso un pubblico caloroso e attento composto da persone di tutte le età, con tantissimi bambini, tutti presi a seguire i vari racconti che hanno animato i diversi angoli del parco, offerti ai presenti dai partecipanti al corso tenutosi nei mesi scorsi, fino all'esibizione dello stesso Mimmo, sabato sera, dedicata proprio al rapporto tra epica cavalleresca e natura. A dimostrazione, per altro, che l'azione bellica di Cuticchio non è stata una guerra di posizione, tesa a riproporre una tradizione intoccabile e immutabile. Tutt'altro, proprio lui ha lavorato alla destrutturazione della composizione scenica, attraversando territori linguistici e letterari di vario tipo, ha più volte distrutto il suo teatrino, anche materialmente, per poi ricostruirlo in vario modo, avvicinando così lo spettatore alle tecniche e alle poetiche più segrete di quel mestiere. Davvero un piacere, dunque, giovedì scorso, trovarsi di nuovo davanti alla facciata di tela dipinta con il piccolo boccascena, collocata sotto un gigantesco ficus magnolioides le cui radici aeree lo rendono simile a un mostro dalle mille zampe. Ma questa volta l'antica dicitura «Figli d'arte Cuticchio» stava ad indicare l'ingresso sul palco di Giacomo, figlio di Mimmo, che già da qualche anno crea e rappresenta i suoi spettacoli, aggiungendo le partiture di sapore classicheggiante da lui composte ed eseguite dal vivo da un gruppo di musicisti. La storia che ci viene raccontata è uno dei passaggi classici del repertorio, la pazzia di Orlando, che invece di difendere Parigi dagli attacchi musulmani si perde nei boschi alla ricerca dell'amata Angelica, fino a quando suo cugino Astolfo non va a recuperare l'ampolla col suo senno sulla luna. E dunque è proprio come se dopo tanta sperimentazione, dopo tutto quello che Cuticchio ci ha fatto capire su quel mondo, ora, e con un significativo passaggio di consegne generazionale, ci indicasse che possiamo tornare a rivedere quel teatro nella sua forma più tradizionale, comprendendone appieno i mille sensi e abbandonandoci alla sua potente fascinazione. Così l'ippogrifo vola verso il cielo con il suo cavaliere, sugli spalti della città si scontrano gli eserciti nel lucore delle preziose corazze dalle piume colorate, si compiono incantesimi tra scheletri e serpenti, mentre, secondo la tradizione, Giacomo, dietro la tela, interpreta tutte le voci di tutti i personaggi, con una gamma tonale che nulla ha da invidiare al potente strumento vocale del padre.
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La macchina dei sogni.«Tra i sentieri, sotto la luna» Palermo, Orto botanico, fino a stasera

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