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Questo articolo è stato pubblicato il 08 agosto 2014 alle ore 10:40.

Io vengo ogni giorno. Un titolo, un doppio senso. Anzi, un senso unico, quello piú malizioso che potete immaginare. A sentirlo cosí, ci dovremmo aspettare la solita commedia demenziale che punta a un pubblico adolescente e di bocca buona, ma a dir la verità nel film di Dan Beers c'è anche qualcos'altro.

Ad esempio il riferimento, la citazione evidente fin dalla trama al classico Ricomincio da capo. John Karna infatti è un ragazzo alle prese con il giorno piú importante della sua vita: ha il colloquio decisivo per la sua ammissione a un college illustre – sogno più del padre che suo - e la possibilità, finalmente, di un incontro intimo con la più bella del liceo. Sembra una strada in discesa la sua, verso qualcosa di indimenticabile. Lo sarà, ma non come immagina lui. La chiacchierata sarà un disastro e l'appuntamento dei suoi sogni sarà un incubo: sarà davvero troppo veloce nel dimostrare alla ragazza tutta la sua attrazione. Ma la chiave è tutta lì: ogni qualvolta arriverà a quel momento in cui non riesce a trattenere l'eccitazione, la sua giornata ricomincerà e lui potrà apportare le giuste correzioni, cominciando una commedia degli equivoci a tratti gustosa.

Ovvio che il confronto con il cult con Bill Murray è ingeneroso, così come dei tanti film che ne hanno seguito quel solco. Non ultimo Edge of Tomorrow con Tom Cruise, la cui ambientazione bellica (contro gli alieni!) lo rende fuori dai parametri di quello che qui vuole essere solo un pretesto narrativo. Cosí il riferimento diventa invece American Pie, quel tipo di racconto scolastico-sentimentale che abbraccia gli anni piú difficile di un adolescente, quelli delle scelte – come quella di entrare alla Georgetown University -, dei sogni erotici, degli amori impossibili, delle brutte figure epiche.

Ci si scalda, insieme a Rob – che pur essendo un nerd esce fuori dallo stereotipo del bruttino e sfigato – quando incontra il suo mito Angela (Carlson Young, chi potrebbe resisterle, anche fisicamente, come tenta stoicamente il protagonista?), ma anche quando, reiterando quel giorno d'inferno, capisce cosa c'è tra lui e l'amica d'infanzia (Katie Findlay). Ci si diverte con i comprimari, genitori compresi – che come in American Pie sono più immaturi ed emotivi dei figli -, ci si culla nell'immedesimazione. Ma Premature – questo è il titolo originale – manca totalmente l'obiettivo di narrare un'età difficile, preferendo una facile comicità di situazione, che scaturisce, letteralmente, da quelle eiaculazioni precoci ripetute all'infinito. E si ottiene così solo il record di atti sessuali in un film non pornografico e risate brevi quanto gli amplessi di questo ragazzo. Per una giornata d'agosto, però, forse, può bastare.

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