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Questo articolo è stato pubblicato il 14 agosto 2014 alle ore 13:13.
L'ultima modifica è del 14 agosto 2014 alle ore 13:17.

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Una scena del film «La Sapienza»Una scena del film «La Sapienza»

Il cinema italiano grande protagonista al Festival di Locarno 2014: mentre la notevole retrospettiva sulla casa di produzione Titanus guadagna sempre più consensi, tra i film del concorso ha ricevuto buone critiche «Perfidia», opera seconda del sassarese Bonifacio Angius.

La trama ruota attorno a Peppino, un uomo che alla morte della moglie deve pensare al futuro del figlio Angelo, trentacinquenne senza un lavoro e senza una fidanzata. Il padre cercherà in tutti i modi di spingerlo all'azione nella speranza che possa raggiungere un giorno quella felicità tanto agognata. Dalla solitudine di un bar di periferia, Angelo sogna semplicemente di avere un futuro "normale": un desiderio di poche pretese ma che pare impossibile da realizzare.

Dopo lo sperimentale «saGràscia», del 2011, Angius punta su una trama più solida che riflette con forza ed efficacia sull'odierna crisi economica e su un complesso rapporto familiare. Seppur la messinscena sia piuttosto scarna e alcune svolte drammaturgiche risultino didascaliche, «Perfidia» centra ugualmente il bersaglio grazie a contenuti importanti e ricchi di spunti d'interesse. Tra le sequenze più toccanti, da segnalare il momento in cui Peppino, al ristorante, offre una bottiglia di vino al tavolo di un uomo potente nella speranza che possa dare un lavoro a suo figlio.

Non tutte le scelte appaiono azzeccate (il finale, fin troppo sospeso), ma Bonifacio Angius (classe 1982) dimostra talento e col tempo potrà affinare al meglio la sua tecnica.
Un'altra pellicola che ha molto a che fare con l'Italia è «La Sapienza», diretta da Eugène Green. Protagonista è una coppia francese che non riesce più a comunicare: lui è un architetto cinquantenne di grande successo, che comincia a nutrire dubbi sul senso del proprio lavoro, lei una specialista del comportamento umano, turbata da una forte inquietudine. Con il fine di studiare l'opera di Francesco Borromini, i due partono per un viaggio che li porterà fino a Roma. A Stresa faranno la conoscenza di due adolescenti, fratello e sorella, che cambieranno la loro vita.

Newyorkese di nascita ma parigino d'adozione, Eugène Green è un regista particolarmente coccolato dal Festival di Locarno: negli anni passati, in cartellone, erano già state presentate diverse sue pellicole, tra cui «A Religiosa Portuguesa» del 2009.
«La Sapienza» è un'opera girata con eleganza, ma che dietro la superficie nasconde un grande vuoto. Citazioni colte, riferimenti alti, differenze generazionali e riflessioni esistenziali: il regista inserisce tutti gli elementi possibili per creare un lungometraggio "intellettuale" e carico di ambizioni. Il risultato è però un esercizio di stile fine a se stesso, più irritante che affascinante, in cui ogni dialogo appare forzato e molto meno interessante e profondo di quanto possa sembrare a prima vista.

Infine, da segnalare che dopo il passaggio in concorso al Festival di Cannes, è stato presentato a Locarno «Adieu au langage» di Jean-Luc Godard. Un'opera sperimentale che, come sulla Croisette, ha diviso critica e pubblico: innovativa nella forma e nell'utilizzo del 3d, si tratta di una profonda riflessione sullo stato attuale della settima arte e sul suo avvenire. Godard, con una trama pressoché inesistente, procede per accumulo bombardando lo spettatore di molteplici immagini, suoni e sensazioni, guardando al futuro del cinema ma senza dimenticarne il passato.

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