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Questo articolo è stato pubblicato il 17 agosto 2014 alle ore 08:13.

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Steven Hawking è il fisico inglese famoso nel mondo per essere riuscito a continuare il suo lavoro scientifico nonostante una malattia grave che lo tiene fermo su una sedia a rotelle e gli impedisce perfino di parlare. Il suo risultato scientifico più importante riguarda i buchi neri: ha mostrato che sono caldi. Non sto parlando della materia che si arroventa cadendo roteando e accalcandosi verso il buco nero, rendendo i buchi neri visibili nel cielo. No: Hawking ha mostrato che anche un buco nero tranquillo dove non stia cadendo nulla è comunque caldo. I buchi neri sono naturalmente caldi.
Nessuno ha ancora effettivamente osservato questo calore. È troppo debole per qualunque telescopio, e nei buchi neri che vediamo nel cielo è comunque sovrastato dal calore tempestoso della materia che continua a cadervi dentro. La previsione di Hawking è quindi per ora solo teorica, senza conferme sperimentali. Ma il suo calcolo è stato ripetuto in molti modi diversi, e il risultato è sempre lo stesso. Anche senza conferme sperimentali, è giudicato attendibile dalla comunità scientifica. Un buco nero, quindi, con ogni probabilità non è poi così nero. È una lievissima sorgente di calore. Se fosse isolato in mezzo a un cielo senza stelle, non sarebbe nero ma apparirebbe come una piccola sfera con una pallidissima luce.
La cosa ha sorpreso tutti. Essere caldo vuol dire emettere calore. Ma se avevamo appena capito che un buco nero è un luogo da cui niente esce, come fa ad uscirne del calore? L'inghippo è che il calcolo di Hawking coinvolge la meccanica quantistica. Mentre la predizione che in un buco nero si possa solo entrare e mai uscire è una predizione dalla sola teoria di Einstein, la relatività generale; e la relatività generale è una teoria incompleta, che trascura proprio i fenomeni quantistici. Quindi il calcolo di Hawking completa la nostra comprensione di un fenomeno che la teoria di Einstein descriveva solo fino ad un certo punto. La meccanica quantistica prevede proprio che possano accadere anche fenomeni molto improbabili. Per esempio se osservate un atomo di Uranio, questo appare molto stabile. Ma se aspettate quattro mila anni vi è una buona probabilità che emetta un po' di radiazione e decada trasformandosi in qualcos'altro. Il calcolo di Hawking mostra che a causa di simili fenomeni quantistici qualcosa, un pallido calore sfugga ai buchi neri.
Il calore dei buchi neri coinvolge quindi sia la relatività generale, che descrive bene i buchi neri, ma solo in prima approssimazione, sia la meccanica quantistica, che corregge questa descrizione. Oggi però non vi è ancora consenso su una teoria completa che combini relatività generale e meccanica quantistica, e il calore dei buchi neri è un indizio per cercare questa combinazione. Di più: è un banco di prova teorico per tutti i tentativi di risolvere il problema di combinare le due grandi teorie fisiche del ventesimo secolo. I buchi neri non sono solo stupefacenti oggetti reali nel cielo. Sono anche uno straordinario laboratorio di idee dove mettere alla prova teoricamente le nostre idee su spazio, tempo e quanti.
Vediamo. Una tazza di tè è calda perché le sue molecole si agitano molto. Il calore è il movimento rapido delle molecole. Ma la superficie di un buco nero non è una superficie concreta, fatta di materia, come la superficie di un pallone o la superficie di una tazza di tè. È solo un luogo di non ritorno, dove la forza di gravità diventa fortissima. Non è una superficie materiale composta di molecole. Che cos'è allora che si agita sulla superficie di un buco nero, generando calore, se lì non c'è nulla? Risposta possibile: potrebbero essere i quanti elementari di spazio a generare questo calore. Il calore dei buchi neri previsto dal calcolo di Hawking potrebbe essere l'indizio che mostra l'esistenza di queste «molecole di spazio». La gravità fortissima sulla superficie del buco nero agisce come un amplificatore gigantesco che rivela il tremolare infinitesimo della grana elementare dello spazio. Il calore dei buchi neri non è il calore di qualche oggetto: è il calore stesso dello spazio vuoto, amplificato dalla gravità. È il calore elementare del nulla.
Qualcosa di ancora misterioso traluce da questi ragionamenti: quando si cerca di combinare la teoria della gravità con la meccanica quantistica, sembra non sia possibile fare a meno di parlare anche di calore. Perché mai? Il calore può essere interpretato come informazione perduta: dire che una cosa è calda è dire che le sue molecole si muovono molto, ma a caso, in un modo che non possiamo ricostruire esattamente. Ma niente come un buco nero ci fa perdere informazione. Se brucio una lettera in un camino, posso immaginare che in linea di principio un abilissimo investigatore possa rintracciare nella cenere o nella luce emessa dal fuoco l'esile traccia delle parole scritte sulla lettera; ma quello che cade dentro un buco nero è, per noi che stiamo fuori, perduto, veramente perduto per sempre: se getto una lettera dentro un buco nero, non saprò mai cosa ci fosse scritto. I buchi neri distruggono informazione. La distruggono per l'eternità. Come un nodo di Gordio, che chiude simbolicamente l'accesso all'Asia, un buco nero è un oggetto misterioso dove si annodano tutte le meraviglie che abbiamo scoperto recentemente del mondo: il tempo che rallenta fino a fermarsi, i quanti elementari di spazio, l'informazione che si perde per sempre. Idee ancora confuse, sì, ma sulle quali si stanno oggi scervellando molti fra migliori teorici nel mondo.

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