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Questo articolo è stato pubblicato il 17 agosto 2014 alle ore 08:15.

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La scoprì la moglie di Howard Hawks sulla copertina di un «Harper's Bazar» e il marito si affrettò a scritturarla, rivendendo poi il contratto alla Warner. Aveva vent'anni e aveva preso il cognome della madre, rifiutando quello del padre che le aveva abbandonate.
Nel primo film Hawks l'affiancò a James Age e scrisse che aveva qualcosa della Dietrich (e fu questo il paragone più in voga) ma anche di Mae West, della Davis, della Crawford, della Harlow e perfino della Garbo. Altri citarono Louise Brooks, Carole Lombard, Jean Arthur, Barbara Stanwyck, una sfilza di dive che hanno segnato l'immaginario femminile del Novecento in chiave spesso rivendicativa e paritaria, anti-maschilista. La Bacall vi aggiunse un'insolenza talora sfottente. Come dicono da quella parti, era nata una stella.
Di Acque del sud, il film che Hawks aveva tratto da Avere e non avere di Hemingway, complice Faulkner alla sceneggiatura, fu subito celebre la battuta di Lauren a Bogart, qualcosa come «se hai bisogno di me, fa' un fischio». La voce roca, profonda della Bacall evocò la prima battuta della Garbo nel sonoro, in Anna Christie, ma in un ruolo però di vinta e perdente: «Dammi una sigaretta».
Di Avere e non avere restava a malapena l'impalcatura, il film fu una commedia bellico-avventurosa centrata sul gioco di coppia, provocatorio e ironico. La Bacall aveva un modo tutto suo di guardare (i pubblicitari la definirono the look), di muoversi, di sentirsi regina della scena, elegante come una modella, naturalmente elegante. Uno stile inconfondibile.
Con Bogart fece Il grande sonno (ancora Hawks, da Hammett), La fuga (un bel noir di Delmer Daves, da Goodis), L'isola di corallo (Huston, da una retorica play di Maxwell Anderson).
La Warner la mise a fianco di Kirk Douglas (Chimere, un curioso film sul jazz di Curtiz in un ruolo di dominatrice, cattiva), di Gary Cooper (Le foglie d'oro, melò sudista di Curtiz, in un ruolo di puttana più che buona) e perfino di John Wayne, e lei ruppe il contratto scegliendo film più congeniali, tra i quali Come sposare un milionario (perché vi surclassava la Grable e la Monroe, sex symbol troppo espliciti), La donna del destino di Minnelli, a fianco di Peck (che Bogart detestava), dove fu splendida commediante in un ruolo che era stato di Katharine Hepburn, il super-melodramma Come le foglie al vento di Sirk.
Intanto Bogart era morto e «fare la vedova non è un mestiere», disse la Bacall; e peraltro il grande amore aveva avuto non pochi motivi di attrito: la moglie era certamente più intelligente e colta del marito, con il quale confesserà di aver litigato a volte perché lei era ebrea e lui era pieno di pregiudizi antisemiti.
Si risposò con un altro attore, Jason Robards jr, e ne divorziò, si divise tra Hollywood (i ruoli migliori, benché secondari, in Assassinio sull'Orient-Express, Health di Altman, Detective'story un bel noir californiano da Ross Macdonald, The walker di Schrader, Ritratti di Penn a fianco di Peck su una coppia che invecchia) e Broadway (Ciao Charlie, Fiore di cactus e Applauso, il musical tratto da Eva contro Eva nel ruolo che era stato di Bette Davis). Seppe invecchiare bene, benissimo.
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