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Questo articolo è stato pubblicato il 17 agosto 2014 alle ore 08:13.

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Il 3 settembre Christie's di Londra, metterà all'asta il lascito librario del compianto conte Edgardo Maria Ruspoli Fagiani. Il pezzo più prezioso del lotto è un manoscritto contenente un dramma sconosciuto, intitolato Vita di N.G. e siglato «B.B». Si tratta di un'opera di Bertolt Brecht, anche se il conte Ruspoli Fagiani la attribuiva a Brigitte Bardot e per questo la conservò con cura amorevole (molti ricorderanno l'appassionata relazione tra i due a Saint Tropez, nel 1964). Per gentile concessione dell'erede del conte, il contino Edmondo Maria Ruspoli Fagiani, pubblichiamo in anteprima la parte finale di questo inedito brechtiano.
Inquisitore: Messer N.G., voi scriveste: «Perché la Fortuna è donna ed è necessario, volendola tener sotto, batterla e urtarla». Cosa significaste con codeste parole?
N.G.: Significavo che occorre farsi signori del proprio destino. Ma l'eloquio mio non fu felice e la Fortuna gravemente si vendicò su di me, principiando da quando dimoravo a Firenze.
Inquisitore: Alludete al fugace periodo che foste in carcere a Firenze?
N.G.: Breve sì, ma per poco non persi la ghirba. Così cominciò la mia malignità di Fortuna.
Inquisitore: Ma la lezione non l'apprendeste, Messere!
N.G.: Io tentai, Eminenza reverendissima. Per mostrare docilità dedicai il trattatello sui principati che avevo appena conchiuso a uno dei signori di Firenze. Ma costui immantinente spirò...
Inquisitore: Ancora colpa della Fortuna, immagino...
N.G.: Eh, già! Poi, allorquando i signori di Firenze ripresero a benvolermi, eglino furono banditi da Firenze.
Inquisitore: Fu codesta la ragione per cui fuggiste dalla Toscana?
N.G.: Sì, fu allora che mi recai a Padova e iniziai lo studio della fisica celeste.
Inquisitore: Ma non impiegaste molto tempo a ritrovare la via dell'errore!
N.G.: Ero ancor giovine, Eccellenza...
Inquisitore: Ma oggi ammettete che la Terra è immobile al centro del cosmo e il Sole e tutti i pianeti le girano intorno?
N.G.: Lo ammetto, Eminenza reverendissima.
Inquisitore: Quindi la Terra non si muove...
N.G.: No.
Inquisitore: Nemmeno un po'?
N.G. No, nemmeno un po'. (Tra se e sé): Eppure si muove...
Inquisitore: Ahah! Che avete detto? Vi ho sentito, sapete..
N.G.: Orbene, dicevo che questa sedia si muove... Potrei averne un'altra?
Inquisitore: Non mentite con me, Messere! Non foste forse voi a scrivere: «È necessario essere gran simulatore e dissimulatore; e sono tanto semplici li uomini, e tanto obbediscano alle necessità presenti, che colui che inganna troverà sempre chi si lascerà ingannare»?
N.G.: Al momento invero non rammento...
Inquisitore: Osate mentire ancora? Volete sfidare la mia ira?
N.G.: Ora subitamente rammento, Eminenza reverendissima. Sì, lo scrissi io. Ma mi riferivo a un principe: e vi sembro forse un principe, io?
Inquisitore: Per nulla. Di recente però vi faceste beffe di Santa Madre Chiesa. Non avevate forse giurato che non avreste mai più difeso le idee immonde di quel prete polacco?
N.G.: Amicus Plato, sed magis amica veritas, Eminenza reverendissima.
Inquisitore: Qua la veritas sono io! Messere, vi condanno alla prigione a vita. Ma nella mia infinita misericordia vi concedo di scontare la pena nella vostra casa.
N.G. (tra sé): Quando si dice la Fortuna...
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