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Questo articolo è stato pubblicato il 17 agosto 2014 alle ore 08:14.

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Sanjay Subrahmanyam
Mondi connessi riflette l'evoluzione di un percorso di ricerca alle cui origini si situa la storia economica, in particolare il commercio intercontinentale. Occuparsene dalla prospettiva dell'India meridionale richiede un costante confronto tra la realtà storica dell'Asia e quella degli imperi ultramarini europei. Servirsi degli archivi di questi ultimi, com'è indispensabile, senza capire come si siano formati rischia, infatti, di produrre risultati limitati o ingenui. L'idea delle "storie connesse" nasce da qui: ha preso una forma più definita rispondendo all'esigenza di costruire un'architettura concettuale capace di dare una cornice d'insieme a indagini stimolate dal l'approfondimento di problemi di storia economica, politica e culturale dell'Asia meridionale e da uno studio degli imperi iberici aperto alla comparazione con i corrispettivi britannici e olandesi.
Le "storie connesse" sono, dunque, un tentativo di interpretare la storia su scale macro e micro, e rappresentano il punto d'approdo provvisorio di un percorso complesso che si snoda attraverso passaggi quali Textures of Time (2001). Scritto con Velcheru Narayana Rao e David Shulman, si concentrava su opere storiografiche composte nell'India meridionale tra Cinque e Ottocento, l'obiettivo fu mettere in discussione il modello di ricezione della conoscenza, in particolare l'idea che non vi fosse alcuna tradizione di scrittura storica in India prima della conquista britannica. Questa visione, largamente condivisa dagli autori coloniali del XIX e XX secolo, è stata poi ripresa dagli studiosi "postcoloniali" più avvertiti nel tentativo di delegittimare la storia come forma di conoscenza. Secondo questo punto di vista, la cultura indiana anteriore all'Ottocento aveva rifiutato l'aiuto della storia, rivolgendosi ad altri generi di scrittura e a composizioni mitiche. In Indo-Persian Travels in the Age of Discoveries, 1400-1700 (2007) ci si concentrava su un corpus di storie poco note, che ha permesso di considerare con un altro sguardo il ruolo del l'India nel mondo islamico del tempo. Vi si proponeva anche una riflessione sulle differenze fra queste storie e i testi scritti dai viaggiatori europei in India nella stessa epoca. Infine, vi è il versante iberico della questione. Per lavorare sulla storia economica dell'India meridionale occorreva studiare negli archivi portoghesi e familiarizzarsi non solo con le fonti, ma anche con gli sviluppi della storiografia sull'impero portoghese. Così, The Portuguese Empire in Asia, 1500-1700 (1993) insieme al l'analisi della dimensione informale del l'impero portoghese in Asia, del ruolo dei mercenari e dei rinnegati, provava a dimostrare che il ritmo di espansione e contrazione di questo impero per lo più non si definiva in Portogallo, ma si spiega considerando i movimenti degli Stati asiatici e africani.
L'idea di "storie connesse", presentata per la prima volta in un articolo del 1997, riflette sul lavoro dello storico e sinologo americano Joseph Fletcher, che sosteneva l'importanza della "storia integrata" per meglio capire la traiettoria dell'Asia centrale. In quell'articolo si suggeriva che sarebbe stato assai fecondo stabilire (o, meglio, ripristinare) connessioni tra oggetti e storiografie mantenuti artificialmente separati: per esempio, dimostrando l'interdipendenza che esisteva tra i movimenti millenaristici ed escatologici attivi nel Cinquecento in Portogallo e nelle regioni del Maghreb, dell'Impero ottomano, del Regno safavide in Iran e nell'India mughal. La scelta di questo esempio dipese dal fatto che una dimostrazione fondata su un caso di traffico di merci e prodotti sarebbe stata troppo facile. Al cuore della proposta delle "storie connesse", infatti, si trova la critica della concezione geografica sottostante alla storiografia convenzionale. Seguendo tale approccio, si può arrivare a provare che molte strutture istituzionali, a lungo considerate sui generis, in realtà si formarono in rapporto l'una con l'altra. L'Impero britannico del Cinque e Seicento prese in prestito molti elementi dagli imperi iberici, sia a livello di costruzione ideologica, sia nel funzionamento istituzionale.
Il percorso che ha portato a Mondi connessi descrive anche una traiettoria intellettuale che ha le sue radici nella possibilità di conoscere e apprezzare punti di forza e debolezza di diverse tradizioni accademiche. Del resto, difficilmente gli storici prevedono le direzioni che i loro progetti possono prendere.
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«Mondi connessi. La storia oltre l'eurocentrismo (secoli XVI-XVIII)»
di Sanjay Subrahmanyam è stato appena pubblicato da Carocci (pagg. 276, € 19,00). Subrahmanyam (New Delhi, 1961) insegna storia globale della prima età moderna
al Collège de France e storia dell'India
a Ucla. Tra i suoi ultimi libri «Three Ways to Be Alien» (2011) e «Courtly Encounters» (2012). È tradotto in cinese, francese, giapponese, portoghese e spagnolo.

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