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Questo articolo è stato pubblicato il 24 agosto 2014 alle ore 08:14.

Il 28 febbraio 1593 Clemente VIII emanò la bolla Cum hebraeorum malitia in cui proibiva agli ebrei il possesso del Talmud e di ogni opera cabalistica. Un successivo provvedimento avrebbe esteso la proibizione all'intera categoria dei libri ebraici. Nel 1595 il vescovo di Mantova applicò la norma in senso ancora più restrittivo, prescrivendo che «ogni hebreo capo di famiglia debba in termine di un mese portare al S.to Uffitio lista di tutti i libri et tratati che si trova haverne». Nella schiera dei diligenti capofamiglia va annoverato anche il medico Avraham ben David Portaleone (1542-1612), la cui lista, già nota agli studiosi, contiene 110 stampati e una sessantina di manoscritti, ma nessun'opera che non sia ebraica. I sospetti che ciò non corrisponda al vero trovano conferma nella bella scoperta fatta da Gianfranco Miletto presso l'Archivio di Stato di Mantova.
Qui si conserva infatti un corposo inventario, datato 1612, dei beni appartenuti al defunto Portaleone che restituisce una biblioteca assai più suggestiva. Il nuovo elenco – di cui Miletto offre la trascrizione integrale e un abbozzo di identificazione bibliografica delle edizioni che lascia però troppo spesso perplessi – comprende 966 titoli non ebraici (per la maggior parte in italiano, latino e greco) e 153 titoli di opere ebraiche, 35 delle quali assenti nell'inventario del 1595. Quali erano, allora, le letture di un medico ebreo nella Mantova del tardo Cinquecento? Moltissime le opere giustificate dalla professione, ma anche una sorprendente presenza di dizionari, opere lessicografiche, classici greco-latini e più allettanti letture di svago: Boiardo e Ariosto, per cominciare. Ma anche Petrarca, il Decamerone medicato da Luigi Groto e i «casi degli uomini illustri di Giovanni Boccaccio» tradotti dal Betussi (ma perché mai nell'edizione del 1545 e non piuttosto in una delle successive?), due copie delle Metamorfosi nella versione dell'Anguillara, un capitolo dell'avvincente saga dell'Amadis di Gaula, Sannazzaro, Marco Polo, i Detti e fatti piacevoli di Lodovico Guicciardini (davvero nell'edizione del 1588?). Nascondeva persino una latente passione per la culinaria? Così suggeriscono Apicio De re culinaria, il Libro novo dove s'insegna a far d'ogni sorte di vivanda di Cristoforo di Messisbugo e il fortunato manuale di Bartolomeo Scappi «cuoco secreto di papa Pio Quinto».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Gianfranco Miletto, La biblioteca
di Avraham ben David Portaleone secondo l'inventario della sua
eredità, Leo S. Olschki, Firenze,
pagg. 140, € 19,00

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