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Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2014 alle ore 07:51.

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Il nuovo romanzo di Francesco Pacifico, Class: Vite infelici di romani mantenuti a New York (Mondadori, in libreria del 2 settembre), contiene una frase che viene ripetuta abbastanza spesso da rendere chiaro che l’autore vuole che sia capita bene. Con una variazione è addirittura la frase che apre il romanzo, il che fa di essa non la morale di una favola, ma l’enunciato di un teorema. Questo teorema è: «La realizzazione personale di un borghese non vale il petrolio che costa». Il petrolio di cui si parla è quello necessario per viaggiare avanti e indietro fra Roma, da cui quasi tutti i personaggi vengono, e New York, dove si svolge gran parte della trama.

I borghesi sono i tre personaggi principali (più molti altri), a galla nelle acque in tempesta dei 30-40 anni: Nicola, giornalista musicale profondo e profondamente insicuro, che alimenta la sua tumultuosa ricerca del piacere, sessuale e intellettuale, con una vasta paghetta mensile; Sergio, che sull’eredità di una madre morta giovane ha fondato una brillantissima carriera da scout letterario, soprattutto al fine di farsi ammirare; Gustavo, che dopo un’adolescenza da maschio alfa ha scelto una vocazione cattolica e trovato una vita da padre di famiglia irreprensibile e insoddisfatto. Si conoscono dall’infanzia, cioè dagli scout ai Parioli, e si trascinano nell’età adulta amicizie e faide che metteranno in moto la trama. Non è borghese la narratrice principale, Daria, ex o amante di tutti e tre, ma lei è morta. La realizzazione personale, infine, è quella che a New York inseguono tutti i personaggi del romanzo, come la lanterna nell’inferno degli ignavi. Non la trova nessuno.

UN MONDO ADULTO

Francesco Pacifico è uno scrittore di grandissimo talento. In questo libro dispiega la stessa potenza descrittiva del suo primo romanzo, Il caso Vittorio (minimum fax). Ha una precisione di sguardo a tratti vertiginosa: basta un gesto, un modo di dire, un abito scelto con poca o troppa cura per svelare l’intera psicologia di un personaggio, la sua posizione sociale e le sue aspirazioni. Se ne Il caso Vittorio queste osservazioni erano confinate al paesaggio tutto sommato omogeneo della post-adolescenza, qui Pacifico abbraccia la gamma più variegata e profonda del mondo adulto. Leggendolo, si ha la sensazione che sia scritto da una persona che ha capito tutto di te, dei suoi personaggi, di sé, e che, come Balzac, più di ogni altra cosa sa come stare al mondo.

Anche la narrazione è portata avanti con grande abilità (e con alcune invenzioni strabilianti nell’ultima parte). In apertura, una romana a New York litiga col marito, e chiede ospitalità a Nicola. Lui la convince a fargli una sega e le fa conoscere Gustavo. Questo evento tutto sommato minore si riverbera sulla vita di ognuno, portandola alla crisi. Dopo varie vicende, Nicola metterà in discussione la propria vita da mantenuto a New York; Gustavo, ossessionato dall’immagine di quella ragazza che la religione gli vieta, comprometterà il proprio matrimonio; Sergio ne trarrà lo spunto per uno scherzo elaborato e crudele, nelle sue intenzioni ai danni di Gustavo ma che, in un vortice di coincidenze, doppi fini e ipocrisie svelate, finirà per impattare, male, tutti i personaggi del romanzo. In Class, chi finisce bene è chi trova una possibilità di imparare dai propri errori. Ma li commettono tutti: e li pagano.

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