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Questo articolo è stato pubblicato il 11 settembre 2014 alle ore 11:28.

Staremo pure parlando di una monarchia costituzionale, ma in Inghilterra a quanto pare ogni anno si celebra l'anniversario di una rivoluzione. Nel 2012 pompa magna per i 50 anni dei Beatles, nel 2013 è toccato al debutto discografico dei Rolling Stones datato mezzo secolo prima, quest'anno giubileo per l'esplosione del movimento mod, fenomeno culturale e di costume che, tanto per cambiare, partì dalla musica e, almeno in principio, ebbe due band di riferimento, giunte entrambe al debutto nel famigerato 1964: Who e Kinks, rispettivamente terza e quarta «forza» del rock britannico degli anni Sessanta dietro a Fab Four e Glimmer Twins.
Per i Kinks in particolare è festa grande: nel 2013 sono entrati nel perimetro di Sony Music, quando la controllata Bmg ha rilevato Sanctuary Records che fino a quel momento era la più importante etichetta indie di Gran Bretagna. Alla corte di una major avranno finalmente quel che si meritano: una ristampa con i fiocchi di tutto il loro catalogo e un'antologia definitiva che celebra l'arte di Ray e Dave Davies, fratelli-coltelli al timone della band.
Si parte dalla prima: la scorsa settimana è uscito «Lola Versus Powerman and the Moneyground, Part One», ristampa expanded edition in doppio CD del loro concept album del 1970 contenente mix mono e stereo, versioni alternative, materiale inedito, il tutto ri-masterizzato dai nastri originali dall'archivista della band Andrew Sandoval. Il libretto, disegnato dal pluripremiato Phil Smee, contiene immagini rare e inedite dell'epoca e nuove ampie note di copertina scritte da Peter Doggett. Il disco 2 contiene la colonna sonora a firma degli stessi Kinks di «Percy», film di Ralph Thomas datato 1971 (in Italia uscì con il titolo «Il complesso del trapianto») su un improbabile trapianto di pene. «Lola» è un'opera rock che getta uno sguardo satirico sull'industria musicale, tra editori, manager, produttori, mass media, stampa musicale e ovviamente case discografiche, il tutto spaziando fra generi diversi quali folk, hard rock, country rock e music hall inglese tradizionale. I più giovani magari ricorderanno i tre brani («This Time Tomorrow», «Strangers» e «Powerman») che quel geniaccio di Wes Anderson ha utilizzato nel film «Il treno per Darjeeling».
Nella discografia classica – che tornerà tutta, un titolo dopo l'altro - ci sarà da perdersi. Ai neofiti si potrebbe allora consigliare il box in cinque cd «The Anthology 1964-1971» in uscita il 4 novembre con dentro le hit del periodo d'oro della band interamente rimasterizzate, demo rari e interviste, per oltre cento canzoni e 25 tracce fino a ora non disponibili. In più un singolo da sette pollici. Tributo che, per proporzioni, ben si attaglia a uno tra i gruppi più influenti degli ultimi cinquant'anni che ha saputo dare un contributo decisivo al successivo sviluppo della musica occidentale. Giusto qualche nozione di base: esplosero con il riff distorto di «You really got me», da qualcuno definito primo pezzo heavy metal della storia, regalarono al mondo composizioni pop di sublime raffinatezza come «Sunny Afternoon», «Death of a Clown» e «Waterloo Sunset», superarono i limiti del tradizionale concetto di album inteso come raccolta di canzoni con «The Kinks are the Village Green Preservation Society» e poi portarono quella lezione alle estreme conseguenze in «Arthur», tra i primi (consapevoli) concept album della storia del rock. Tantissimi - da Syd Barrett a David Bowie, dall'epigono dichiarato Paul Weller ai Gallagher – hanno avuto e hanno un debito nei confronti dei fratelli Davies. Ci sarà un motivo se, a chiusura delle Olimpiadi di Londra 2012, consegnarono il microfono al vecchio Ray. «Dirty old river, must you keep rolling…».
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