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Questo articolo è stato pubblicato il 21 settembre 2014 alle ore 08:15.

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Nel gennaio 1991 un supplemento speciale de «l'Unità» commemorativo, post mortem, della nascita del Pci nel gennaio 1921, comprendeva una notevolissima lettera datata dicembre 1954, di Palmiro Togliatti ad Ambrogio Donini (all'epoca direttore dell'Istituto Gramsci). L'edizione era curata da Albertina Vittoria, benemerita studiosa della storia del Partito comunista italiano e in particolare dei rapporti tra Togliatti e gli intellettuali italiani del suo tempo. Pochi mesi più tardi Albertina Vittoria ripubblicava l'importante documento nel volume apparso presso gli Editori Riuniti intitolato Togliatti e gli intellettuali. Entrambe le volte il testo veniva presentato come inedito. La lettera di Togliatti prendeva spunto da un convegno organizzato dall'Istituto Gramsci nelle settimane precedenti, curato da Ambrogio Donini e aperto da una relazione introduttiva di Arturo Colombi, considerato all'epoca particolarmente competente nel settore agricoltura. Il tema del convegno era «La storiografia marxista in Italia».
Le critiche che Togliatti formula nella sua lettera a Donini sono molteplici, come il lettore può constatare, ma si affissano su due punti soprattutto: la identificazione tra storiografia marxista e storiografia sul movimento operaio; le critiche rivolte da Colombi e da altri agli scritti (si intende carcerari) di Gramsci per il loro carattere non perfettamente marxista. Il lettore può vedere agevolmente la dovizia di argomenti con cui Togliatti si esprime e l'efficacia con cui difende il diritto di Gramsci a essere un intellettuale che parla un linguaggio che trascende il lessico scolasticamente di parte.
Nel mese di maggio 2014 è apparso un interessante volume che raccoglie una nutrita silloge di lettere di e a Togliatti per gli anni 1944-1964. Titolo: La guerra di posizione in Italia (Einaudi). Curatori del volume: Gianluca Fiocco e Maria Luisa Righi. Con scrupolo i due curatori segnalano, nel presentare la lettera di Togliatti a Donini del dicembre 1954, che essa era stata in realtà pubblicata per la prima volta da Ambrogio Donini su «Il Calendario del Popolo» nel fascicolo datato dicembre 1989 e rivelano che in quella occasione Donini aveva pubblicato anche la propria risposta a Togliatti, molto lunga e dettagliata, che però non viene inserita in questo volume einaudiano quantunque in altri casi venga fornita anche la replica dei vari interlocutori. Non comprendiamo la ragione di questa esclusione, ma possiamo rimediarvi pubblicando qui di seguito anche la replica di Donini. Non è un grande testo; colpisce anzi il carattere formalistico, difensivo e sulla questione Gramsci totalmente elusivo di tale risposta. Si può immaginare che Donini non abbia osato confutare le osservazioni di Togliatti sul diritto di Antonio Gramsci a non parlare come un funzionario di partito. Il fatto che comunque non replichi su questo punto suggerisce che, persuaso o meno che fosse, Donini "incassò". L'esperienza insegna tuttavia che Gramsci continuò a non essere l'autore di riferimento dell'establishment più tradizionalista del Pc (Sereni, Colombi, Donini eccetera), i quali probabilmente condividevano intimamente quella celebre e famigerata aspra critica di Ruggero Grieco contro Gramsci, pubblicata su «Il lavoratore» del 1923 (e parzialmente ripubblicata da Paolo Spriano nella sua Storia del Partito comunista italiano), culminante nell'accusa: Gramsci ha letto Croce e Gentile, ma non ha letto Marx!
Formalistica la difesa che Donini fa dell'impianto del Convegno storiografico del dicembre 1954, allorché puntualizza che, alla intitolazione Sulla storiografia marxista in Italia, seguiva ma poi fu, per risparmiare spazio, eliminato un sottotitolo: e la storiografia sul movimento operaio. Dopo di che Donini si affretta a ostentare presso Togliatti le proprie ricerche intorno al cristianesimo antico per parare la critica togliattiana mirante a ribadire che si può fare storiografia marxista anche occupandosi della caduta dell'Impero romano.
In realtà su questo terreno sarebbero necessari chiarimenti che porterebbero a vanificare l'uso stesso, dogmaticamente praticato ma mai scientificamente motivato e fondato, della categoria «storiografia marxista». La tradizione di studi sul cristianesimo antico e sulla crisi dell'Impero romano cui Donini faceva capo nelle sue ricerche, specialistiche in gioventù e divulgative in età matura, non ha granché a che fare con una ipotetica ortodossia marxista in tale campo, ma piuttosto risente della maturazione in senso storico-critico degli studi sul cristianesimo antico, nella scia della importante corrente di pensiero definita "modernismo" cui aveva aderito con suo rischio il maestro di Donini, Ernesto Buonaiuti. Analogamente le ricerche intorno alla crisi dell'Impero romano che hanno posto al centro gli aspetti economicosociali, religiosi, culturali, ma anche di altra natura, ebbero inizio perlomeno all'epoca di Saint-Évremond e di Montesquieu, a tacere di Rollin, Gibbon, Otto Seeck, Rostovtzeff, Bloch, Piganiol, Momigliano, Mazzarino, A.H.M. Jones eccetera. Si infligge un serio danno alla cosiddetta «storiografia marxista» se si pretende di attribuirle orientamenti e scoperte che erano già presenti in una lunghissima tradizione storiografica: essa preparò la originale riflessione di Marx, e da un certo punto in poi ne fu influenzata. Mi piace ricordare a questo punto che una delle ragioni fondamentali della crisi del movimento comunista è stato il suo scolasticismo.

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