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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2014 alle ore 08:18.

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«Di certo non faremo una dissolvenza in nero mentre mangiano in un diner», ha detto Kurt Sutter, l'autore di Sons of Anarchy, a proposito del finale della serie: in questi giorni sta andando in onda su FX America la settima e ultima stagione. Il finale nel diner è quello ambiguo dei Soprano, che ha deluso quella parte di pubblico che voleva un espiatorio bagno di sangue. Sons of Anarchy (SOA) è una serie su un club outlaw di motociclisti della Central Valley californiana. In sei stagioni si è guadagnata un posto nel panorama delle serie grazie a due qualità: l'autenticità e la violenza.

Il fascino di SOA parte da quello del mondo bike, su cui Kurt Sutter ha fatto ricerca frequentando un vero club di motociclisti della California del nord. Chi ha letto Hell's Angels di Hunter S. Thompson potrebbe trovare che le camicie dei Sons of Anarchy siano troppo pulite, e poi non si drogano e non sono quasi mai ubriachi. La Harley-Davidson sponsorizza la serie e le moto sono belle, io non so quanto costano e mi chiedo se nella realtà i personaggi potrebbero permettersele. I Sons non sono neanche un simbolo di libertà anti-sistema perché per vendere armi lavorano molto più dei colletti bianchi o blu del Paese.

Nel cast ci sono facce stra-credibili (cicatrici, guance butterate, occhi da pazzi, tatuaggi) e la protagonista cinquantenne Katey Seagal, moglie di Sutter e l'unica del cast ad aver vinto un Golden Globe, è forse la migliore attrice nel panorama delle serie americane, e ha forse il miglior personaggio femminile. Il protagonista principale interpretato da Charlie Hunnam, invece, è troppo da pubblicità dello shampoo, tanto che era stato scelto come protagonista di Cinquanta Sfumature di Grigio (rinunciando proprio per l'impegno con SOA). Un po' troppa patina per il suo ruolo di capobanda. Sutter si ispira a Shakespeare per gli intrighi interni al club ma racconta che alla festa di compleanno di Sonny Barger, settantenne leader storico degli Hell's Angels, un invitato gli ha detto: «È una soap-opera. Ma è la nostra soap-opera».

Non bisogna però immaginarselo come un Mad Men con le moto. Il mondo della serie è oscuro, la vita umana vale meno di valori come la fratellanza, l'onore e la capacità di vendicarsi. Per il tipo di violenza al limite del guardabile che mostra, Sons of Anarchy ha anticipato le serie più recenti come Game of Thrones o The Strain (scritta e prodotta da Guillermo del Toro, in onda sempre su FX). Secondo Sutter, la violenza estrema è stata la ragione per cui SOA non ha mai fatto il grande salto di popolarità e critica. Quanto a Sutter, lui andava in moto a vent'anni ma adesso è vegano, contrario alle armi e di solito guida una Tesla: «Vivo in due mondi», ha scritto su Variety, «la fantasia di destra, armata, carnivora, in sella alle Harley, razzista, omofoba, masochista, che è SOA. E l'esistenza moderata-liberale, contaria alle armi da fuoco, vegana, da proprietario di Tesla che va al gay pride, impegnato, pro-choice, che è la mia vita vera». La violenza di SOA per Sutter è pura fantasia: «Per me è come se scrivessi di maghi e fate».

In un episodio, uno dei Sons strappa con un morso il naso a una comparsa; in un altro una ragazza viene bruciata viva, in una buca scavata nel terreno, davanti agli occhi del padre incatenato. Sutter fa passare il peggio al personaggio che lui stesso interpreta, un membro del club in prigione che si amputa la lingua volontariamente sbattendo il mento sul tavolo dell'interrogatorio. «Inquietare la gente non è il mio primo obiettivo», ha detto a Entertainment Weekly, «ma comunque mi piace la reazione delle persone quando un personaggio esce di scena per sempre. Voglio che siano sconvolti». Quindi, se anche la serie finirà in un diner, sarà comunque più dura da digerire degli onion rings fritti dei Soprano.

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