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Questo articolo è stato pubblicato il 27 settembre 2014 alle ore 10:21.

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Diana era figlia dell'Inghilterra dei nobili affamati dalle tasse di successione e «si riconosce quanto è decaduta una famiglia da quanti squilli fa il telefono prima che l'unico vecchio maggiordomo risponda», secondo antiche testimonianze. Delevingne è invece figlia del boom immobiliare, della Cool Britannia, delle Spice Girls, e di un mondo senza praticantati in asili nido, senza gonnelline di tweed spinoso; Diana, come racconta Tina Brown nel fondamentale Diana Chronicles, dopo la scuola per semianalfabete ricche, va a fare le pulizie (le piace tanto) a casa di una signora americana, che un giorno scopre per caso sui tabloid che la sua nurse precisina è fidanzata col principe di Galles. Oggi l'improbabile datrice di lavoro l'avrebbe scoperto da un tweet, perché l'altro elemento di differenza tra Diana e CD è che la prima si fa immolare dai teleobiettivi, la seconda supera il problema auto-paparazzandosi come tutti i suoi coetanei, scavalcando la categoria, creando disoccupazioni, forse, anche. Lei ha 1,82 milioni di follower su Twitter, più 6 milioni e 700mila su Instagram, e 1,3 milioni su Facebook. Nulla viene risparmiato, nell'auto-paparazzamento; amori, tremori, facce e faccette: foto di lei ignuda con due torce elettriche sulle tette e un cartello di senso vietato sotto; foto con nonna un po' agonizzante, in un letto d'ospedale, al suo centounesimo compleanno (#happybirthdaygaga#101). Questa nonna, Margo detta Gaga, figlia del primo visconte Greenwood, è poi responsabile della trasmissione genetica del sopracciglio, difetto o imperfezione che con abile marketing anatomico cd sfrutta, qui con perizia e sicurezza altoborghese. Mandando in pensione la vecchia divisione tra highbrow, lowbrow e middlebrow, secondo l'Independent il suo ciglio cespuglioso entra nel novero di quelli storici, insieme a Groucho Marx, Frida Kahlo e Ataturk (il ciglio della Delevingne ha anche un suo account Twitter, con circa millecinquecento seguaci, e forse sta contribuendo anche alla delicata rivoluzione della riforestazione del corpo delle donne).

Lei però non solo punta sulle imperfezioni (è alta 1,76, non tantissimo, secondo Marc Jacobs «è nana»), non solo non vuol fare la regina, ma non voleva fare neanche la modella. Il primo ricordo che ha è una spesa al supermercato, nuda, da bambina, perché «odiavo i vestiti». Nel 2003 però fa un primo servizio fotografico, per Vogue Italia, a dieci anni, con Bruce Weber, che naturalmente dice: «Sarà la prossima Kate Moss. O forse anche meglio» – la somiglianza con Kate Moss è il suo karma, ci sono scatti ormonali in bianco e nero già iconici per il nuovo profumo Burberry, e però nessuno sottolinea abbastanza che lei non è la figlia della barista di Croydon. «Suppongo che la sua disinvoltura derivi dall'appartenere a una famiglia molto social», ha detto il direttore di Vogue Uk, Alexandra Shulman, e come understatement non è male: il suo appartenere all'uno per cento upstair in un Paese ancora gioiosamente segregato in classi sociali è il segreto del suo successo, della sua sicurezza che le permette poi di fare la spiritosa coi reali, ma anche di essere una teenager qualsiasi, mangiare gelati e hamburger e quello che vuole, di avere problemi di cocaina (per ora non significativi, può migliorare), o forse di far solo finta, stando poi segretamente a dieta stretta come una modella middle class qualsiasi, però sapendo che essere una cattiva ragazza funziona molto di più.

Per Karl Lagerfeld, CD «rappresenta la moderna it girl. Piena di vita, piena di carisma. Ma allo stesso tempo divertente e splendidamente allevata». L'allevamento le prescrive di non diventare una famosa-solo-per-essere-famosa, una Paris Hilton qualsiasi. Con il primo servizio su Vogue guadagna 700 sterline. «Non sapevo che diavolo farne», dice. «Da piccola mi piacevano molto i soldi, mi mettevo con papà a contarli, mi dava molto piacere. Ma a dieci anni già non più. Allora mi son comprata una batteria». Mette su un gruppo con le amiche, si chiamano The Clementines. Così alla scuola fricchettona di Bedales studia teatro, e senza deficit di autostima si convince di andare bene per fare Alice nel paese delle meraviglie che Tim Burton sta per girare. Gli manda un suo video, viene scartata. Non si rassegna, vuol provare almeno con la musica: tramite Geri Hallywell (amica di mamma) conosce il produttore e inventore delle Spice Girls, Simon Fuller, va a fare un provino in studio, incide due album, poi non se ne fa più niente. Si arrende. Nel 2009 entra nella Storm Models, agenzia di Sarah Doukas, altra amica di mamma, che scoprì su un volo Londra-New York la quattordicenne Kate Moss (di nuovo). Lei protesta: «Son tutte più alte di me, io non ho neanche le tette, che ci faccio qui».

Come Diana, anche Cara ha una sorella maggiore che la porta a corte, e a cui crea rogne non indifferenti. Diana aveva Sarah, spesso invitata del principe Carlo, su cui puntava (ricambiata), portandosi però inopinatamente appresso la minore considerata inoffensiva. Cara invece ha Poppy, che ha 27 anni, fa la modella con successo, ha misure regolari, è alta giusta, ha perfino le tette. Sottovalutandola, Poppy la incoraggia a fare anche lei la modella, e la porta alle feste, poi si pente: le due sorelle compaiono in un famoso servizio fotografico dell'anno scorso a un party di Carlo e Camilla a Clarence House, con Carlo che si ferma oltre ogni protocollo a sghignazzare non con la perfettina Poppy, ma naturalmente con CD, che tiene due dita nel bicchiere con una faccia da adolescente sporcacciona e libera da Larry Clark (e Poppy, tutta composta, in faccia manifesta i sintomi di una vera sindrome di Salieri, però poteva pensarci prima. Ma in fondo è nata negli anni Ottanta, non è Nativa Smandrappata, non è colpa sua).

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