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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2014 alle ore 07:02.

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È il 2012 e abbiamo già visto tutto quando Mara Brock Akil si mette a scrivere una nuova serie tv. Si fa aiutare dal marito produttore, a questo serve una power couple.
Trama e protagonista non le sceglie sensazionali. Gabrielle Union è una giornalista, sta con l'Uomo Sbagliato e poi incontra l'altro, l'Uomo Sposato. Fin qui, il grande classico sentimentale. La chiamerà Mary Jane: neanche il nome doveva avere l'aria di voler fare colpo.

La verità è che il programma è ben più ambizioso: la Akil ha deciso di trovare la Terza Donna, il punto d'incrocio tra Carrie Bradshaw, la biondina che deve chiedere sempre, e Olivia Pope, l'avvocato che non si lamenta mai.
E quindi, primo: ci si innamora, ma non troppo in alto. Basta politici a Washington e milionari da New York, per Mary Jane ci sono sfigati di Atlanta, uomini col tempo libero.
In ufficio c'è Kara, autrice del suo show e grande amica. Siccome è un'arrivista, cioè lavora a ore strane, Kara è una quarantenne tradita e divorziata (è un personaggio anni '90. I mariti di quelle con carriera ora hanno imparato, sono infedeli su scala ridotta e generalmente devotissimi. La Akil lo sa bene, perché ne ha sposato uno).
Sullo sfondo: Mary Jane ha una madre petulante, fratelli quasi arrestati per droga e una nipote incinta – sono parenti con problemi nella media: chiedono soldi (la spettatrice troverà tutti i cliché del ghetto, con extension per redditi alti).
Tempo un'ora e diventa il tuo programma perferito: già al secondo episodio danno l'incontro Amante/Moglie.

Avery, la legittima, tramortisce Mary Jane con una serie di domande spigliate in ottima successione - parte dal sesso: quante volte, che ti ha fatto, hai dovuto chiedere o si è offerto lui. Passa alla psicologia: hai mai visto i nostri bambini. Finisce coi dettagli minori: ti ha per caso detto che ti ama.
Mary Jane non crolla – se si esclude cercare su google il curriculum di Avery e vedere realizzato l'incubo di ogni sfidante per il titolo: sua moglie è meglio di te (e pure di lui).
Si fa sempre più interessante: Mary Jane è in ufficio, David (playboy n.1) telefona. È la solita booty call, ma lei stavolta vorrebbe presentarsi all'appuntamento lucida, quindi prima di vederlo si rimette con calma alla scrivania e apre un cassetto. La spettatrice sta per imparare una cosa nuova: il vibratore snebbia il cervello.
Arrivata a metà della storia capisci perché ti piace: è l'effetto cumulativo.
È una serie costruita su scene già viste. È fatto apposta.

I casi facili: a Mary Jane squilla telefono come squilla alle donne normali - è sempre tua madre (Bridget Jones), Mary Jane prende un condom usato di David, lo surgela in frigorifero e racconta l'impresa alle amiche (Sex and The City), Mary Jane è costretta a mantenere un collegamento durante l'uragano con due anziani che rischiano la vita (Newsroom), Mary Jane salva tutti (Scandal).
Per le più brave ci sono i déjà vu difficili.
Nicey ha diciannove anni ed è incinta. Mary Jane le chiede se ha intenzione di tenere la bambina e Nicey risponde di sì. E aggiunge, con la faccia di chi sta dicendo cose normali: «Dai zia, sarà mezza nera e mezza filippina, avrà una bella pelle e bei capelli. E una vita più facile».

Questo l'abbiamo letto, identico, in Denti Bianchi di Zadie Smith (forse le serie non sono la nuova letteratura, sono la vecchia sceneggiata meglio).
In quella storia, Clara, vent'anni, dice ad Archie: «Ho chiesto al dottore come sarà, metà bianco e metà nero. C'è perfino la possibilità che abbia gli occhi azzurri. Te l'immagini?».
(Archie è il portatore dei geni bianchi della coppia. E ha cinquant'anni, quindi un certo vantaggio per conoscenza del mondo).
«Archie non se l'immaginava, no. Non riusciva a immaginare nessun pezzo di sé che, in lotta con un pezzo di Clara nel vivaio dei geni, potesse uscirne vittorioso».
Avrà ragione lui - la bambina erediterà il brutto naso e i denti sporgenti della madre. Niente occhi azzurri - ma certa letteratura, si sa, è meno ottimista della vita.

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