Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2014 alle ore 08:16.

My24

Detto ciò, l'umanità continuerà a pensare, sia chiaro, non sono affatto preoccupata. Qualcuno di sicuro non ci riuscirà, a fare dieci cose in una, lo so. Ne vedo a volte alcuni di questi incapaci, navigando qua e là per i miei oceani: gente abbarbicata a certe rocce sperdute in mezzo al mare, che se ne sta così, la testa tra le mani...
Non tutto è movimento, volevo solo dire questo. Non tutto è mare, onda. Non tutto è nuovo, presente, modernità. Non tutto è cambiamento. Qualche cosa sta. Qualche cosa è scoglio, e deve continuare a essere scoglio.
Per esempio i fari bretoni, soli in mezzo all'oceano. Mi piace il loro stare verticale e luminoso, portatore di salvezza (di salute, quindi): sì, i fari stanno, e anche ci «salutano», nel senso che ci portano salute.
Salutare
A proposito, mi piace molto anche il verbo salutare.
Per un saluto, un tempo, un uomo poteva morire di passione, innamorarsi fino alla follia. Il saluto per strada di Beatrice a Dante, il saluto di Laura a Petrarca in una chiesa... Chissà cos'era, forse solo un cenno del capo, o un breve sguardo.
I nostri genitori (i genitori di chi ha la mia età) passavano il tempo a dirci di salutare. Vieni a salutare la signora! E ci stanavano dalle nostre stanze. O prima di uscir di casa: mi raccomando, se incontriamo qualcuno, saluta! Era un dovere sociale, salutare. Uno dei pilastri della buona educazione.
Per me era un incubo. Ho passato l'infanzia a non salutare. Non ce la facevo, ero troppo timida. Tornati a casa, dopo aver incontrato magari sei persone e non averne salutata nemmeno mezza, mi prendevo le sgridate dei miei, soprattutto di mio padre, che mi faceva sedere davanti a lui e mi diceva con tono severissimo: adesso mi dici perché non hai salutato! (Non salutavo perché non volevo essere vista. Non volevo nemmeno esistere. Mi sentivo troppo piccola, troppo niente. Avevo paura. Nella parola timidezza non a caso c'è la parola timor... Questo ti direi adesso, papà).
Oggi invece, a questa età a cui sono arrivata, mi dispiace vedere che non ci si saluta quasi più. Il saluto è una delle cose perse. Forse antiquate? Sì, mi pare che si sia ritenuti vecchi, se ci si saluta.
Infatti, i giovani non salutano.
Sto parlando di quel saluto particolare, che è il saluto tra sconosciuti.
Fateci caso, se prendete l'ascensore con un giovane, se lo incrociate nell'atrio di un condominio, il giovane non vi saluterà. Non vi conosce, perché dovrebbe? Di certo questo sarà il suo pensiero. Ma era proprio lì il bello: salutare uno sconosciuto, se lo si incontrava in uno spazio angusto e comune come un atrio, un corridoio, un ascensore; un albergo, un residence; la sala d'aspetto di un medico, di un parrucchiere. Uno spazio così ristretto da rendere quella vicinanza passeggera una ragione più che valida per rivolgersi un saluto: in qualche modo era un riconoscersi presi da uno stesso destino, accomunati, pur di passaggio, da uno stesso luogo e in uno stesso tempo, pur così fugace come il tempo di un incontro.

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi