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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2014 alle ore 08:16.

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Non avevo mai pensato che gli oggetti avessero una così forte valenza simbolica. Sì, spesso mi chiedevo cosa fosse questa compulsione del quindicenne a chiedere a tutti i costi il motorino, e la speculare subitanea arrendevolezza del genitore a concederglielo, a volte addirittura precedendo la richiesta. Come se fosse dovuto: ha quindici anni, come vuoi che si muova in città se non in motorino?
Non mi è mai sembrato un semplice problema di locomozione. Ma adesso, leggendo questo libro, mi sembra di capire meglio: il motorino sarebbe uno di quegli oggetti a cui abbiamo permesso di fungere da rito di passaggio in vece nostra. Il motorino in qualche modo ci solleva dal compito, ci sostituisce. E quindi ci mette l'anima in pace, in un certo senso. Così come il cellulare, il tablet, la felpa firmata, e chissà che altro. (D'altronde, non mandando più, per fortuna, il figlio ad attraversare il fuoco o a far la guerra, dovevamo pur inventarci qualcosa!).
Bene, dunque: il ragazzo inforca il motorino, e diventa grande. Inizia la sua adolescenza. Diventa anche come tutti gli altri, però. Sarà accettato nel gruppo proprio perché ha accettato di diventare come gli altri, certo. Ma imboccherà inevitabilmente la strada dell'omologazione. Ma sarebbe un altro discorso, lasciamo cadere...
La cosa grave è che, così facendo, stiamo formando «giovani consumatori». Lo dice chiaro nell'ultima pagina, Pietropolli Charmet: «Se la tesi di questo breve saggio fosse completamente confermata dalla realtà, ci sarebbe da correre ai ripari, perché delegare al mercato dei consumi e ai gruppi giovanili le ineludibili funzioni iniziatiche non può essere una soluzione educativa e formativa soddisfacente. Da ciò non possono che nascere giovani consumatori».
Mi viene in mente un altro grande libro: Segmenti e bastoncini, in cui l'autore, Lucio Russo, già nel 1998, avvertiva dello stesso rischio. Diceva che una scuola che rinuncia a un livello alto del sapere, una scuola che invece di dire «segmenti» dice «bastoncini» per risultare più facile a tutti, in realtà prepara quei tutti a diventare essenzialmente dei consumatori. Cioè, dei servi.
Chissà cosa ne direbbe Pasolini.
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