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Questo articolo è stato pubblicato il 28 settembre 2014 alle ore 08:14.

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La punta di amarezza che accompagna queste parole, nella voce di chi ha una lunga e globale carriera alle spalle, scompare quando si affronta il tema delle donne all'Onu: «Pochi anni fa è nata a New York una organizzazione, Un Women, che è molto attiva, e tutte le nostre istituzioni hanno programmi per sostenere le donne. Oggi sei ambasciatori su 15 del Consiglio di Sicurezza sono donne. Proprio a Ginevra si riunisce tre volte all'anno il Comitato per l'eliminazione della discriminazione contro le donne, composto da 23 esperti indipendenti che analizzano i rapporti sulla situazione femminile nei Paesi membri, ricevono denunce e conducono inchieste sulle violazioni dei diritti. Diciamo che sono due i temi che entrano con forza nella linfa del sistema delle Nazioni Unite: diritti umani e posto delle donne. Le due cose vanno insieme». Vuol dire, azzardo, che il prossimo segretario dell'Onu sarà una donna? «Magari. Per me sarebbe un segnale importante. Senza le donne non si conquista la pace».
eliana.dicaro@ilsole24ore.com
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il personaggio
Michael Mo/ller, danese, 62 anni, ha cominciato a lavorare all'Onu quando ne aveva 23: era al desk office per la Malesia, Singapore e Hong Kong durante la crisi dei cosiddetti "boat people", i rifugiati vietnamiti. «Improvvisamente identificammo - ricorda - un'isoletta in Malesia, Pulau Bidong: vi erano aggrappati migliaia di vietnamiti. La prima cosa da fare era portare l'acqua laggiù. Feci firmare ai miei superiori in poche ore dei permessi per i quali servono normalmente mesi. Quell'esperienza, da tutti i punti di vista, compreso quello della lotta alla burocrazia, fu una grandissima lezione: come far funzionare il sistema a dispetto di se stesso». Mo/ller ha lavorato poi a New York, in varie missioni (Iran, Messico, Haiti, Cipro), e al fianco di Kofi Annan.

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