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Questo articolo è stato pubblicato il 03 ottobre 2014 alle ore 08:19.

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C'è un motivo edipico che attraversa Volevo tutto: La vita nuova (Rizzoli), il nuovo romanzo del giovane scrittore molisano Andrea Gentile, un motivo che s'impone nella trama e sembra coinvolgere la visione dell'autore, fino ad avvolgere il libro tra le spire di un risentimento duro e radicale nei confronti del tempo e della vita che si mostra al lettore tra le pagine di questa storia. E della Storia: lo spessore della storia italiana nella quale Gentile si muove con destrezza di ricercatore fin dalla sua collaborazione con Enrico Deaglio in Patria, e dalle sue prime prove narrative.

Una storia che pare ispirarsi ai labirintici percorsi del romanzo postmoderno piuttosto che ai cronachistici tracciati della nostra recente narrativa, pur prodiga di padri-e-figli, tra i Serra e gli Scurati. 1964: il giovane giornalista di provincia Andrea Di Sanza viene assunto al Corriere della Sera, dove già suo padre ha lavorato anni prima, pesando sulle spalle del figlio con il suo carico di successi e riconoscimenti. Andrea ha a sua volta un figlio, una moglie che lo cerca, ma il posto al Corsera, tra un sentenzioso Montanelli, un fantasmatico Montale, e altri vari giornalisti in carriera, lo allontana dai doveri domestici. Un'entità femminile ammaliante e sfuggente di nome Bianca ossessiona il narratore completando il quadro della famiglia borghese in odore di collasso, a due passi dal divorzio e dall'aborto, dalla rivincita del desiderio, il Sessantotto e tutto il resto. La Milano ruggente dei Sessanta è dipinta in tinte fosche e inquietanti che ribaltano il racconto dei genitori di chi, come l'autore, è cresciuto all'ombra di quegli anni circonfusi di un'aura leggendaria: il bar Jamaica e Mina, l'epoca dorata di Brera e Solferino. L'eccitazione della metropoli moderna si consuma in un'interiorità tormentata, il mito milanese è sbriciolato da uno stile cupo e oracolare (orgogliosamente ostentato, sfacciatamente incurante dei suoi parossismi) e non stupisce che tra le svolte oniriche del romanzo emerga improvvisamente Fellini: alle prese con un film segreto, una «Nuova dolce vita», anche il grande regista pare mosso dall'intenzione di fare piazza pulita delle narrazioni che hanno dato linfa a una nazione dopata dal boom economico. Il risultato è un romanzo ambizioso, complesso, intessuto dell'eredità (economica, culturale, sentimentale) che di generazione in generazione giunge a noi, all'oggi, alle promesse non mantenute dal passato, al dono fallato di una “vita nuova” nella quale è ormai impossibile, se non decisamente azzardato, continuare a credere.

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