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Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2014 alle ore 08:14.

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Albert Einstein, nella lettera di condoglianze alla vedova del suo più intimo amico e interlocutore Michele Besso, scrisse: «Ha lasciato questo strano mondo un po' prima di me. Non fa niente. Gente come noi, che credono nella fisica, sanno che la distinzione fra passato, presente e futuro è solo un'illusione testardamente ostinata». Newton aveva concepito il tempo come nozione assoluta esterna all'universo, misurata dall'orologio di Dio. L'universo di Newton evolve secondo una nozione assoluta di un tempo che gli è estraneo, procedendo, diceva Eugene Minkowski, d'astrazione in astrazione. Einstein ha trasferito l'orologio nell'universo, considerando il tempo la quarta dimensione dello spazio. Le due direzioni del tempo nello spaziotempo sono indistinguibili, come lo sono l'alto e il basso, e quindi non c'è presente. E se non c'è presente, non c'è il tempo. Il cosmo quantico, poi, non s'espande e non evolve, esso semplicemente è, senza tempo. Il tempo, per la fisica, non è reale, è un'illusione. Spazio e tempo, disse l'astronomo e fisico inglese Arthur S. Eddington nel 1928, sono stati mescolati in un modo che l'uomo, «nelle sue ossa», non può accettare perché sente che tempo e spazio hanno una natura diversa. Ancora nel 1929 c'era chi sospettava che nemmeno Einstein avesse le idee chiare sul tempo come quarta dimensione dello spazio.
Nell'Intellectual Autobiography il filosofo Rudolf Carnap riporta che Einstein, suo collega a Princeton, gli diceva di essere parecchio tormentato dal problema del presente. «L'esperienza del presente – spiegava Einstein – è qualcosa di speciale per l'uomo, essenzialmente diversa da quella del passato e del futuro, ma è una differenza che nella fisica non c'è». Per Einstein era motivo di «rassegnazione dolorosa ma inevitabile» che l'esperienza del presente non potesse essere affrontata dalla scienza. Carnap lo consola assicurandogli che se la fisica non può considerare reale il senso che l'uomo ha del tempo, di ciò s'occupa la psicologia, anch'essa parte della scienza. Un altro episodio rivela l'ambivalenza di Einstein: alla fine degli anni 20, a Davos, sollecitò Jean Piaget a studiare, nei bambini, lo sviluppo del senso del tempo, anche se per lui era inesistente. Piaget pubblicò il meraviglioso La Génèse du Temps chez l'Enfant a Parigi nel 1946.
Einstein ha ripetuto l'errore di Newton, che noi dobbiamo evitare, scrive Lee Smolin, cofondatore e direttore del Perimeter Institute di fisica teorica a Toronto, di espellere il tempo dall'universo. Dobbiamo però capire, dice Smolin, il disagio di Einstein circa il presente, perché ogni momento della nostra esperienza, ogni pensiero, impressione, azione, intenzione sono parti di un momento, cioè del presente. «Il mondo ci appare come una serie di momenti. Non possiamo scegliere il momento in cui essere, e muoverlo avanti o indietro nel tempo. Il tempo è completamente diverso dallo spazio, nel quale invece possiamo muoverci a piacimento. Non è una differenza marginale, perché essa dà forma all'esperienza». La realtà del tempo dà senso all'esistenza. L'eternità, l'assenza del tempo, lo spaziotempo a quattro dimensioni, sono illusioni.
In questo libro notevole (e talora aggrovigliato), Smolin, studioso di livello mondiale di fisica quantistica, cioè di una delle discipline che ha espulso il tempo dalla natura, spiega che l'eliminazione del tempo non è una visione profonda della realtà, ma la conseguenza del metodo della fisica di selezionare frammenti dell'universo in un subsistema di studio. Ogni esperimento di fisica, dice Smolin, avviene in a box, in una scatola, e per questo non può che essere una drastica approssimazione della realtà, a opera di un sistema isolato dal resto dell'universo. Il successo della fisica a partire da Galileo è dovuto alla sistematica concentrazione su una minuscola parte della complessità dell'universo reale. Ciò è la sua forza e la sua debolezza.
Il tempo non solo è reale, sostiene Smolin, ma nulla di ciò che avviene nella nostra esperienza s'avvicina al cuore della natura più della realtà del tempo. Le stesse leggi di natura non sono universali, cioè fuori del tempo, anche se questa illusione è una delle grandi attrazioni della ricerca scientifica. Esse sono nel tempo. Per convincersene, dice Smolin, basta pensare all'evoluzione naturale: come possiamo ordinare le fasi dell'evoluzione della natura vivente, con le sue immense e profonde trasformazioni, se non in un quadro di riferimento nel quale collochiamo cose ed eventi secondo la sensazione, le prove e gli indizi che uno viene dopo l'altro? Il quadro di riferimento è il tempo, e negarlo, per Smolin, è una distorsione della realtà. Non possiamo giudicare né l'attacco frontale che l'illustre fisico muove ai limiti concettuali e pratici della metodologia della sua disciplina, che indurrebbero a cantonate come la negazione del tempo, né la sua teoria cosmologica (cosmological natural selection) che comprende la realtà del tempo.
Per le neuroscienze cognitive, che da anni studiano i meccanismi nervosi del senso del tempo e dello spazio, questo lavoro è rilevante, perché viene da un campo che non le ha mai prese in considerazione. Smolin dice (e non si potrebbe dir meglio) che la cultura contemporanea è caratterizzata dall'incoerenza, perché chi è alla frontiera di un ricerca ignora totalmente ciò che stanno cercando coloro che sono in un'altra frontiera. L'esempio del tempo nelle neuroscienze e nella fisica è paradigmatico. I dati delle neuroscienze sono inconciliabili con l'inesistenza del tempo, e la fisica, chiusa, direbbe Smolin, nella sua box, li ignora. La biologia sa che nessun animale, neanche il più semplice, potrebbe sopravvivere senza i meccanismi dell'orientamento temporale, le cui origini si rintracciano in sistemi nervosi di pochi neuroni. La ricerca sul cervello conferma l'esistenza di un insieme anatomofunzionale comune ai domini di tempo, spazio e numero, ma spazio e tempo sono eventi con meccanismi nervosi diversi. Smolin sostiene che il tempo è reale, senza specificare che cosa intenda con "reale". Per la fisica reale è ciò che è misurabile, ma la realtà della lampada che ho di fronte non è quella del tempo. La lampada nello spazio è percepita attraverso gli organi di senso, mentre il tempo è sentito come categoria della coscienza, perché è un prodotto di meccanismi nervosi congeniti. Il mondo si percepisce, il tempo si sente. Il neurologo conosce la disgrazia dei disturbi del senso del tempo delle lesioni del cervello, tali a volte da sconvolgere l'esistenza. Se il tempo veramente non ci fosse, che cosa viene a mancare a questa povera gente? Smolin accetta, senza entrare in dettagli, ciò che le scienze cognitive credono di poter dire dello spazio e del tempo come eventi della coscienza. Coscienza e qualia, pur essendo un aspetto della realtà del mondo, dal punto di vista scientifico sono, dice Smolin giustamente, a genuine mistery perché aspetti «dell'essenza intrinseca» del cervello, cioè della coscienza, inaccessibili alla conoscenza e inesprimibili col linguaggio. Il tempo è reborn, rinato, a opera di un luminare della disciplina che l'aveva eliminato. Per le neuroscienze non era mai scomparso.

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