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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2014 alle ore 08:14.

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Nuovo millennio, cinema nuovo. La rivoluzione che ha interessato il cinema all'inizio del terzo millennio riguarda non solo il modo di fare cinema, con l'introduzione delle immagini in digitale, ma anche il modo in cui lo spettatore fa esperienza della visione di un film. Esperienza che è sempre più disancorata dalla proiezione collettiva nella sala cinematografica e che prevede un approccio "attivo" alla visione mediante l'uso della pausa, del fast forward: per non parlare della possibilità di selezionare e rimontare pezzi di film per riproporli in rete. Franco Marineo, ne Il cinema del nuovo millennio, affronta con acuto sguardo critico una serie di complesse problematiche – di natura estetica, tecnologica, antropologica – connesse al "nuovo" cinema del XXI secolo. L'industria cinematografica non può far altro che adattarsi alle trasformazioni sociali che il nuovo modo di comunicare – più precisamente d'essere connessi – comporta: gli spettatori sono stimolati a istituire una rete sociale per condividere i contenuti di un film e, mediante il flusso di informazioni riversate su varie piattaforme in rete, finiscono col partecipare attivamente alla costruzione delle narrazioni cinematografiche e televisive. È in atto, fra l'altro, un'osmosi creativa così perfetta tra produzioni cinematografiche e produzioni televisive – queste ultime di qualità eccezionale –, che oggi non ha più senso stabilire gerarchie tra grande e piccolo schermo. Dunque, se da un lato si assiste a una sorta di processo di "democratizzazione" nella creazione dei miti cinematografici e televisivi, dall'altro v'è una ricaduta economica non trascurabile per i media conglomerates, che traggono i massimi profitti dal merchandising collegato alla produzione di un film o di una serie tv e disegnato secondo le aspettative dell'immaginario espresso in rete. Si pensi al caso di Lost, vero fenomeno mediale. Il cinema del nuovo millennio, così aperto a contaminazioni provenienti dalla tv, da internet e perfino dai videogiochi, rispecchia inevitabilmente anche un nuovo assetto economico e politico: la globalizzazione, un fenomeno che per decenni ha avuto un'impronta prettamente statunitense, viene ora riveduta all'insegna di nuove istanze localiste (Glocal), che riflettono la cultura di nazioni in grande espansione socio-economica, come l'India. Mentre il cinema di Bolliwood elabora schemi narrativi del tutto nuovi proponendosi a un pubblico sterminato costituito anche dagli indiani sparsi in tutto il mondo, il cinema di Hollywood si vede talvolta costretto a produrre film che corteggino l'ormai universalmente diffuso gusto bolliwoodiano, come nel caso di The Millionaire.
Per quanto riguarda, poi, il grande mercato del cinema e delle serie tv statunitensi cronologicamente situati al di là della «data-cerniera» dell'11 settembre 2001, essi si sono sempre più concentrati su narrazioni che testimoniano oltre che l'ossessione del terrorismo – come nella serie 24 –, la manifestazione esplicita di una crisi di identità dell'uomo nella società di massa occidentale, il cui immaginario è stato radicalmente sconvolto dall'abitudine a una visione mediatica di terrore reale.
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Franco Marineo, Il cinema del terzo millennio. Immaginari, nuove tecnologie, narrazioni, Einaudi, Torino, pagg. 302, € 24,00

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