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Questo articolo è stato pubblicato il 12 ottobre 2014 alle ore 08:14.

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Nel nostro calcio, giocato, urlato, chiacchierato, visto e rivisto, ma mai gustato nella sua grande bellezza, La partita di pallone - Storie di calcio, edito da Sellerio, è quel terzo tempo che il calcio ha provato a mettere in campo ma senza saperlo vivere.
Come spiegano Laura Grandi e Stefano Tettamanti nella nota introduttiva, «questa antologia dà conto di alcune delle forme attraverso cui il calcio è stato narrato in forma scritta e i criteri che l'hanno ispirata sono la curiosità per sguardi e voci e il piacere, semplice e trasparente, della lettura».
Sono pagine di letteratura che coprono una settantina di anni dal 1906 (nasce Mario Soldati) fino al 1974 (nasce Davide Enia). Un melting pot di voci, luoghi, tempi, volti per arrivare alla stessa, immutabile verità: «Il calcio – scrive Nick Hornby – è qualcosa fra ossessione e dramma freudiano, tanto che ci si innamora improvvisamente, inesplicabilmente, acutamente senza pensare al dolore, alla gioia e allo sconvolgimento cui porta».
Nei nostri tempi, in cui il calcio è overdose effimera e sfuggente, ogni giorno consumiamo più partite che pasti. Tutto passa, poco resta. L'antologia di Sellerio è un punto fermo per assaporare il sogno che certi calciatori, certe partite danno in quanto raccontate, donate dagli autori che si sono fatti macchina da presa quando i campi non erano invasi dalle telecamere, fin dentro gli spogliatoi. A raccontare sono sudamericani, spagnoli, inglesi, svedesi, americani e italiani. E la sintesi delle loro pagine è sempre la stessa: si ama il calcio perché è proiezione e immedesimazione. Veroniche e dribbling diventano invenzioni e parole alate. Come quelle di Gianni Brera, al quale Gianni Mura confessa: «Ti devo questo, la coscienza che non si può essere avari, nella vita e nel mestiere, che bisogna spendersi, meglio dieci righe in più che dieci in meno».
Tenete questo Sellerio accanto alla tv per i pomeriggi in cui il calcio è noia e maleducazione, per anestetizzare le sconfitte dei club e dei valori. Rileggete Vasco Pratolini, Nick Hornby, Eduardo Galeano, Osvaldo Soriano con la frase più bella che mai sia stata scritta sul calcio: «quel giorno, come disse ad alta voce lo stesso arbitro, non avrebbero infilato un gol nemmeno nell'arcobaleno».
Questo è il calcio, gol e poesia, sogno e dolore, ma – per stare sempre con Gianni Mura – «nel caleidoscopio impazzito che è l'informazione di oggi vale tutto e il contrario di tutto. La competenza alle ortiche. Conta il volume e trasportare il faccione su qualunque teleschermo». Per fortuna ci sono loro, gli autori scelti da Sellerio, a spegnere la tv e accendere la letteratura, quella di Giovanni Arpino, che raccontando Dino Zoff, scrive «rimane giovane chi crede ancora negli ideali più belli della propria giovinezza», o quella di Valerio Magrelli, per il quale esiste «quell'energia ridicola e insopprimibile che fa del calcio un racconto, un ininterrotto commento, un'estenuata tela di Penelope». Sulla quale tessere e ricordare storie: l'edicola votiva di Maradona, Zidane, Paolo Rossi, Rivera e Gigirriva, fino a Gigi Meroni, fotografato da Cesare Fiumi (andate a cercare il suo Storie esemplari di piccoli eroi da poco ripubblicato da Feltrinelli).
Per finire con l'Ajax di Velibor Vasovic´ e Johan Cruyff, insomma calcio rivoluzionario, totalizzante e globale. Vasovic´ arriva ad Amsterdam da Belgrado, è figlio di partigiani e capisce, accanto a Cruyff, che «si vince non con la superiorità numerica ma grazie alla soluzione più semplice e all'ingegnosità tattica» perché proprio Cruyff «sarebbe stato felice di giocare in un campo lungo due chilometri senza porte ma solo con stupende onde di movimenti». Le onde di questo libro e quelle che sogniamo quando la razionalità va in testacoda per un pallone finito in gol.

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Aa.Vv., La partita di pallone. Storie di calcio, Sellerio, pagg. 424, € 15,00

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