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Questo articolo è stato pubblicato il 24 ottobre 2014 alle ore 08:10.

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Allievi e insegnanti, genitori e figli si guardano e si vedono simili, si rispecchiano l'uno nell'altro, non c'è più nessuna distanza: alle riunioni scolastiche dei genitori, poi, in cui siamo tutti trenta-quaranta-cinquantenni e stiamo seduti nei banchi piccoli dei nostri figli perché così le maestre possono riconoscerci, mentre qualcuno prende appunti, e altri disturbano, altri giocano ai videogame di nascosto, altri ancora alzano la mano, la maggior parte fa casino e chiede se si può fare yoga in inglese, qualcuno mangia il panino del figlio trovato sotto il banco, una madre mostra a un'altra le foto del viaggio in India, io immagino sempre qualcuno che ci fissa, da fuori, con lo sguardo di Agnese Renzi sui Google Glass di suo marito.
Immaturi, ma piuttosto allegri. Per niente adulti, ma almeno non disillusi. Nevrotici, ma non depressi. Abbiamo sostituito l'età adulta con una nuova e pazza età dell'innocenza, dentro la quale i miei (e i vostri) quarant'anni sono ancora pieni di promesse. Forse è ridicolo, ma è il grande pregio di essere eternamente adolescenti: aspettiamo qualcosa di grandioso, che a un certo punto arriverà. E se non arriverà, potremmo sempre diventare Stefania Sandrelli in La prima cosa bella di Paolo Virzì, per dire, alla fine di tutto: ci siamo tanto divertiti.

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